Pieve di Sant'Agata in Arfoli
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Chiesa
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Secondo la tradizione, anche la chiesa di Sant’Agata appartiene a quelle volute da Matilde di Canossa; secondo alcuni (Morozzi) le origini del sito vanno ricercate nel periodo gotico anche se nessun ritrovamento archeologico sembra confermare tale affermazione.
Della chiesa si ha memoria nel 1230 (3 novembre) quando vi fu rogato un atto col quale un tal Morisciano vendette al monastero di Vallombrosa un pezzo di terra posta alla Faggiola di Graffo (attuali Graffi). E’ ricordata nei decimari del 1274-75 e degli anni successivi; nel 1274 è tassata dalla Santa Sede per 2 lire e soldi 5; nel 1302 per 7 lire e nel 1371 per 15.
Nel 1274, come si deduce dalla Decima, aveva un Capitolo di canonici e la casa canonica (la chiesa di Sant’Agata aveva al suo servizio alcuni sacerdoti che facevano vita in comune e vivevano sotto una determinata ‘regola’ di vita data loro dal Vescovo), non sappiamo però quando questo collegio sia stato fondato. A capo dei canonici era posto un priore che, per concessione di S. Andrea Corsini nel 1350, aveva la facoltà di nominarli. Nel 1374 Neri Corsini, vescovo di Fiesole, con il consenso dei canonici e del priore, unì, con tutti i beni ed i diritti goduti, questa chiesa al monastero di Vallombrosa; l’atto di unione venne rogato in Firenze, nel palazzo Vescovile, il 7 dicembre 1374.
Ai canonici subentrarono i monaci vallombrosani direttamente dipendenti dall’Abate del monastero.
La prioria vallombrosana è ricordata in un atto del 1476 e nuovamente nel 1522 nell’elenco delle priorie dipendenti dall’Abbazia; scomparve nel 1652 (15 ottobre) quando papa Innocenzo X soppresse tutte le piccole comunità religiose che non raggiungevano i dodici membri.
Nel 1598 uno dei priori di Sant’Agata, Luca Alamanni, fu eletto vescovo di Volterra (28 agosto).
La chiesa, parrocchiale fin dal 1260, faceva parte del plebato di Cascia ed è, secondo mons. Raspini, una delle più antiche della diocesi di Fiesole.
Nel 1902, quando la diocesi fu divisa in vicariati, la chiesa di Sant’Agata faceva parte di quello di Cascia-Reggello. Dal 1970 fa parte del vicariato dell’Altopiano Valdarnese (per istituzione del vescovo mons. Antonio Bagnoli). Nel 1436 ne avevano il patronato gli Ardimanni di Figline avuto in eredità o acquistato dai Conti Guidi, signori del castello di Arfoli.
Nelle visite pastorali del 1540, 1616 e 1744 la chiesa figura come libera collazione dei vescovi fiesolani. Nella parrocchia di Sant’Agata ebbero vita, oltre il Capitolo dei canonici e la prioria dei monaci vallombrosani, anche il romitorio della SS. Trinità, sorto presso l’oratorio di Santa Maria della Neve, nell’Alpe di Cascia, istituito da fra’ Marco del Terz’Ordine francescano il 19 novembre del 1461 e del quale si ha memoria fino al 1776; la Compagnia della SS. Annunziata (1564), del Preziosissimo Sangue di Gesù Cristo o del SS. Sacramento (fondata nel 1625 fu soppressa nel 1785, nuovamente istituita nel 1793 continua la sua opera ancora oggi) e del S. Cuore di Gesù (1845).
Vi furono edificati anche gli oratori della Natività, annesso alla villa Ximenes (1686), di S. Maria del Carmelo ai Bonsi (1784), di S. Rocco ai Gabbiani (1810), delle Stigmate di S. Francesco ai Graffi (eretto dai Quaratesi nel 1739) e di S. Maria al Piano, ex chiesa parrocchiale, soppressa e sconsacrata nel 1784.
Nell'agosto del 1984 giunsero a S. Agata i Sacerdoti del Santissimo Sacramento, noti come Padri Sacramentini (congregazione fondata a Parigi nel 1856 da San Pier Giuliano Eymard, con sede generale a Roma, e sede italiana a Prato). La chiesa di Sant’Agata offre nel suo insieme testimonianze di vicende e di trasformazioni che dall’origine romanica giungono a tutto il Settecento. I documenti che la ricordano non fanno alcun cenno alla sua origine, ma sulla struttura sono ancora evidenti gli adattamenti del nucleo edilizio alle diverse funzioni di volta in volta assunte nel corso dei secoli. Secondo Morozzi, che ha curato il restauro dell’edificio negli anni ’60, la chiesa sembra essere stata edificata fra XI e XII secolo. I caratteri propri di tale epoca sono infatti riconoscibili nella perfetta perizia costruttiva dei paramenti murari in filaretto di arenaria locale, nella forma della finestrella monofora rinvenuta nella parete sud e nel modellato di quattro logore testine rinvenute nel timpano di facciata. Il complesso architettonico è formato dalla chiesa, la torre campanaria, la canonica ed un contiguo chiostrino.
Come attesta una data scolpita nella chiave del portale, questo risulterebbe costruito nel 1228, probabilmente in luogo di un precedente e più semplice cortile, e riadattato nei due secoli successivi. Le quattro colonne agli angoli sono del XIII secolo, mentre i due capitelli del lato ovest sono di stile quattrocentesco. Al XIV secolo appartengono gli affreschi, riproducenti le storie della vita di Sant’Agata, un tempo collocati nel portico a quattro colonne addossato alla facciata romanica, oggi staccati e posti nel presbiterio. La chiesa fu modificata durante il Rinascimento, come testimoniano capitelli del chiostro ed un’edicola posta alla sinistra della navata della chiesa (1497). Tra Seicento e Settecento la chiesa, nata in origine ad unica navata, venne ampliata nella zona presbiteriale per assumere l’attuale forma a croce latina; l’intervento è datato al 1662 (Archivio Parrocchiale). Negli stessi anni venne rialzata la torre campanaria romanica (1665, attestazione alla base della cella campanaria) ed effettuato un rivestimento interno in stucchi di epoca barocca rimosso in un primo intervento di restauro nel 1928.
Sempre nel 1928 fu tamponato il chiostro, e al presbiterio venne aggiunta una piccola cupola di foggia quattrocentesca, le pareti interne furono scialbate a calce ed il tetto a capriate lignee coperto da un soffitto in legno dipinto. Davanti alla facciata romanica venne appoggiato un avancorpo dai motivi neorinascimentali (finta pietra) che occluse completamente le antiche forme. Fra il 1966 ed il 1974 sono stati condotti gli interventi di ripristino e restauro che hanno dato al complesso l’aspetto attuale: rimozione dell’avancorpo del 1928, costruzione della tettoia in facciata, messa in luce dei filaretti interni in arenaria locale, rimozione del controsoffitto e riapertura del chiostro per mezzo dell’abbattimento delle sovrastrutture.
All’interno dell’edificio si conservano elementi rinvenuti erratici nel corso del restauro.
Un frammento di ambone con decorazioni zoomorfe (raffigurazioni stilizzate di uccelli) e motivi geometrici a treccia databile al secolo VIII e di probabile produzione longobarda.
Una lastra tombale della famiglia Ardimanni (patroni della chiesa e feudatari dei Guidi) della quale restano anche due frammenti scolpiti a croce collocati nella parete esterna del chiostro.
La lastra, decorata da motivi araldici fra i quali tre croci e, per la prima volta, il giglio fiorentino, reca una controversa iscrizione letta come 1126, ma da alcuni datata al trecento.
Un capitello ionico di singolare modellato conservato dei primi anni del Quattrocento.
Il fonte battesimale a tazza ritrovato in un mucchio di pietre durante il restauro del chiostro (risalente forse al secolo XI).
Gli affreschi trecenteschi con Storie di Sant’Agata (nel presbiterio).
Un’edicola, a sinistra della navata, che incornicia un affresco raffigurante la Madonna in trono fra S. Antonio e S. Sebastiano con donatore (forse Filippo Alamanni che nel 1457 ottenne il patronato della chiesa) attribuito a Raffaellino del Garbo (1497 ca.).
Un affresco, nell’edicola opposta, riproducente l’Annunciazione a la Madonna in trono fra i Santi Macario e Giovanni Battista alla maniera di Niccolò di Pietro Gerini (metà XV sec.).
A sinistra del transetto, nella cappella dedicata a Sant’Agata, si trova un quadro raffigurante la santa catanese, recentemente restaurato, dipinto da P. Pezzati nel 1868.
Sopra l’altare è stato collocato un tabernacolo del 1450 e alla sinistra di questo si può vedere il prezioso organo. Nel presbiterio della chiesa si conserva un organo positivo ottavino; esso fu realizzato nel 1756 dal costruttore Michelangelo Crudeli di Amelia, residente a Prato (il suo marchio di fabbrica si ritrova sulla canna maggiore della mostra), e risulta importante perché è uno dei primi realizzati dall'artista. Lo strumento, proveniente probabilmente da un altro edificio religioso, ha una facciata decorata da un ricco intaglio pensile in legno dorato, chiusa da due portelle. L'organo ha i seguenti registri: Ottava, XV, XIX, XXII, XXVI, Flauto in VIII.
Bibl.: Giorgetti R., Gli antichi organi...
Fonte:
www.tuscany.name/CORNUCOPIA/chiese2/regg/arfoli.htm
Della chiesa si ha memoria nel 1230 (3 novembre) quando vi fu rogato un atto col quale un tal Morisciano vendette al monastero di Vallombrosa un pezzo di terra posta alla Faggiola di Graffo (attuali Graffi). E’ ricordata nei decimari del 1274-75 e degli anni successivi; nel 1274 è tassata dalla Santa Sede per 2 lire e soldi 5; nel 1302 per 7 lire e nel 1371 per 15.
Nel 1274, come si deduce dalla Decima, aveva un Capitolo di canonici e la casa canonica (la chiesa di Sant’Agata aveva al suo servizio alcuni sacerdoti che facevano vita in comune e vivevano sotto una determinata ‘regola’ di vita data loro dal Vescovo), non sappiamo però quando questo collegio sia stato fondato. A capo dei canonici era posto un priore che, per concessione di S. Andrea Corsini nel 1350, aveva la facoltà di nominarli. Nel 1374 Neri Corsini, vescovo di Fiesole, con il consenso dei canonici e del priore, unì, con tutti i beni ed i diritti goduti, questa chiesa al monastero di Vallombrosa; l’atto di unione venne rogato in Firenze, nel palazzo Vescovile, il 7 dicembre 1374.
Ai canonici subentrarono i monaci vallombrosani direttamente dipendenti dall’Abate del monastero.
La prioria vallombrosana è ricordata in un atto del 1476 e nuovamente nel 1522 nell’elenco delle priorie dipendenti dall’Abbazia; scomparve nel 1652 (15 ottobre) quando papa Innocenzo X soppresse tutte le piccole comunità religiose che non raggiungevano i dodici membri.
Nel 1598 uno dei priori di Sant’Agata, Luca Alamanni, fu eletto vescovo di Volterra (28 agosto).
La chiesa, parrocchiale fin dal 1260, faceva parte del plebato di Cascia ed è, secondo mons. Raspini, una delle più antiche della diocesi di Fiesole.
Nel 1902, quando la diocesi fu divisa in vicariati, la chiesa di Sant’Agata faceva parte di quello di Cascia-Reggello. Dal 1970 fa parte del vicariato dell’Altopiano Valdarnese (per istituzione del vescovo mons. Antonio Bagnoli). Nel 1436 ne avevano il patronato gli Ardimanni di Figline avuto in eredità o acquistato dai Conti Guidi, signori del castello di Arfoli.
Nelle visite pastorali del 1540, 1616 e 1744 la chiesa figura come libera collazione dei vescovi fiesolani. Nella parrocchia di Sant’Agata ebbero vita, oltre il Capitolo dei canonici e la prioria dei monaci vallombrosani, anche il romitorio della SS. Trinità, sorto presso l’oratorio di Santa Maria della Neve, nell’Alpe di Cascia, istituito da fra’ Marco del Terz’Ordine francescano il 19 novembre del 1461 e del quale si ha memoria fino al 1776; la Compagnia della SS. Annunziata (1564), del Preziosissimo Sangue di Gesù Cristo o del SS. Sacramento (fondata nel 1625 fu soppressa nel 1785, nuovamente istituita nel 1793 continua la sua opera ancora oggi) e del S. Cuore di Gesù (1845).
Vi furono edificati anche gli oratori della Natività, annesso alla villa Ximenes (1686), di S. Maria del Carmelo ai Bonsi (1784), di S. Rocco ai Gabbiani (1810), delle Stigmate di S. Francesco ai Graffi (eretto dai Quaratesi nel 1739) e di S. Maria al Piano, ex chiesa parrocchiale, soppressa e sconsacrata nel 1784.
Nell'agosto del 1984 giunsero a S. Agata i Sacerdoti del Santissimo Sacramento, noti come Padri Sacramentini (congregazione fondata a Parigi nel 1856 da San Pier Giuliano Eymard, con sede generale a Roma, e sede italiana a Prato). La chiesa di Sant’Agata offre nel suo insieme testimonianze di vicende e di trasformazioni che dall’origine romanica giungono a tutto il Settecento. I documenti che la ricordano non fanno alcun cenno alla sua origine, ma sulla struttura sono ancora evidenti gli adattamenti del nucleo edilizio alle diverse funzioni di volta in volta assunte nel corso dei secoli. Secondo Morozzi, che ha curato il restauro dell’edificio negli anni ’60, la chiesa sembra essere stata edificata fra XI e XII secolo. I caratteri propri di tale epoca sono infatti riconoscibili nella perfetta perizia costruttiva dei paramenti murari in filaretto di arenaria locale, nella forma della finestrella monofora rinvenuta nella parete sud e nel modellato di quattro logore testine rinvenute nel timpano di facciata. Il complesso architettonico è formato dalla chiesa, la torre campanaria, la canonica ed un contiguo chiostrino.
Come attesta una data scolpita nella chiave del portale, questo risulterebbe costruito nel 1228, probabilmente in luogo di un precedente e più semplice cortile, e riadattato nei due secoli successivi. Le quattro colonne agli angoli sono del XIII secolo, mentre i due capitelli del lato ovest sono di stile quattrocentesco. Al XIV secolo appartengono gli affreschi, riproducenti le storie della vita di Sant’Agata, un tempo collocati nel portico a quattro colonne addossato alla facciata romanica, oggi staccati e posti nel presbiterio. La chiesa fu modificata durante il Rinascimento, come testimoniano capitelli del chiostro ed un’edicola posta alla sinistra della navata della chiesa (1497). Tra Seicento e Settecento la chiesa, nata in origine ad unica navata, venne ampliata nella zona presbiteriale per assumere l’attuale forma a croce latina; l’intervento è datato al 1662 (Archivio Parrocchiale). Negli stessi anni venne rialzata la torre campanaria romanica (1665, attestazione alla base della cella campanaria) ed effettuato un rivestimento interno in stucchi di epoca barocca rimosso in un primo intervento di restauro nel 1928.
Sempre nel 1928 fu tamponato il chiostro, e al presbiterio venne aggiunta una piccola cupola di foggia quattrocentesca, le pareti interne furono scialbate a calce ed il tetto a capriate lignee coperto da un soffitto in legno dipinto. Davanti alla facciata romanica venne appoggiato un avancorpo dai motivi neorinascimentali (finta pietra) che occluse completamente le antiche forme. Fra il 1966 ed il 1974 sono stati condotti gli interventi di ripristino e restauro che hanno dato al complesso l’aspetto attuale: rimozione dell’avancorpo del 1928, costruzione della tettoia in facciata, messa in luce dei filaretti interni in arenaria locale, rimozione del controsoffitto e riapertura del chiostro per mezzo dell’abbattimento delle sovrastrutture.
All’interno dell’edificio si conservano elementi rinvenuti erratici nel corso del restauro.
Un frammento di ambone con decorazioni zoomorfe (raffigurazioni stilizzate di uccelli) e motivi geometrici a treccia databile al secolo VIII e di probabile produzione longobarda.
Una lastra tombale della famiglia Ardimanni (patroni della chiesa e feudatari dei Guidi) della quale restano anche due frammenti scolpiti a croce collocati nella parete esterna del chiostro.
La lastra, decorata da motivi araldici fra i quali tre croci e, per la prima volta, il giglio fiorentino, reca una controversa iscrizione letta come 1126, ma da alcuni datata al trecento.
Un capitello ionico di singolare modellato conservato dei primi anni del Quattrocento.
Il fonte battesimale a tazza ritrovato in un mucchio di pietre durante il restauro del chiostro (risalente forse al secolo XI).
Gli affreschi trecenteschi con Storie di Sant’Agata (nel presbiterio).
Un’edicola, a sinistra della navata, che incornicia un affresco raffigurante la Madonna in trono fra S. Antonio e S. Sebastiano con donatore (forse Filippo Alamanni che nel 1457 ottenne il patronato della chiesa) attribuito a Raffaellino del Garbo (1497 ca.).
Un affresco, nell’edicola opposta, riproducente l’Annunciazione a la Madonna in trono fra i Santi Macario e Giovanni Battista alla maniera di Niccolò di Pietro Gerini (metà XV sec.).
A sinistra del transetto, nella cappella dedicata a Sant’Agata, si trova un quadro raffigurante la santa catanese, recentemente restaurato, dipinto da P. Pezzati nel 1868.
Sopra l’altare è stato collocato un tabernacolo del 1450 e alla sinistra di questo si può vedere il prezioso organo. Nel presbiterio della chiesa si conserva un organo positivo ottavino; esso fu realizzato nel 1756 dal costruttore Michelangelo Crudeli di Amelia, residente a Prato (il suo marchio di fabbrica si ritrova sulla canna maggiore della mostra), e risulta importante perché è uno dei primi realizzati dall'artista. Lo strumento, proveniente probabilmente da un altro edificio religioso, ha una facciata decorata da un ricco intaglio pensile in legno dorato, chiusa da due portelle. L'organo ha i seguenti registri: Ottava, XV, XIX, XXII, XXVI, Flauto in VIII.
Bibl.: Giorgetti R., Gli antichi organi...
Fonte:
www.tuscany.name/CORNUCOPIA/chiese2/regg/arfoli.htm
Articolo Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Pieve_di_Sant'Agata_in_Arfoli
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