Villa Martelli di Gricigliano

Italy / Toscana / Pontassieve /
 castello, casa

In origine il "fortilizio di Gricigliano" era di proprietà della famiglia Guadagni, dai quali pervenne -nel corso del ‘400- ai capitani di Orsammichele (1).
Nel 1478 Niccolò di Ugolino Martelli (1436-1497 ca.) prese contatti con i Capitani di Orsammichele per acquistare le proprietà di Gricigliano.
Oggetto della trattativa erano più esattamente "un Palazzo quasi tutto rovinato in mezzo a de’ Fossi … presso il quale vi erano due casette, che una per il Fattore dell’olio e per lo strettoio e l’altra per il comodo della vendemmia del vino".
Oltre alla villa, riconoscibile in quel "Palazzo quasi tutto rovinato in mezzo ai Fossi" e descritta anche nelle carte dei Capitani come un "Palazzo in parte diruto, e non abitato con Fosso attorno", il possedimento di Gricigliano comprendeva tre poderi denominati l’Olmo, Le Case e il Chiasso, ed un "Bosco da Fuoco" altrove descritto come "Pezzo di terra boscata, lignata ed erbata posta in detto Popolo presso il Podere del Chiasso … dove tenevasi alcune bestie per frutto" (2).
Niccolò di Ugolino Martelli intendeva acquistare tali possedimenti, ma dovette trattare con i Capitani di Orsammichele che da parte loro non intendevano alienare tali beni che ritenevano evidentemente di alto valore.
Finalmente, nella seduta del 15 giugno 1478 i Capitani decretarono che i possedimenti di Gricigliano passassero in enfiteusi ed affitto perpetuo al Niccolò di Ugolino Martelli e suoi discendenti. Niccolò di Ugolino Martelli prese subito possesso dei beni di Gricigliano che comunque nel 1490 furono donati dalla sua consorte al loro primogenito Lorenzo (1461-1535 ca.).
I primi concreti miglioramenti alla villa e ai tre poderi annessi furono apportati proprio da Lorenzo che nel frattempo, esattamente nel 1493, aveva preso in moglie Margherita di Tommaso Portinari, la cui famiglia era proprietaria nella zona della residenza suburbana di Montecchi –presso Pagnolle-, splendido archetipo di villa rinascimentale.
Fu quindi con ogni probabilità in questo scorcio del XV secolo che l’antico "palazzo in parte diruto" assunse l’aspetto di una più moderna dimora signorile di campagna nella quale gli elementi tipici delle costruzioni extraurbane quattrocentesche, come i fossati (possiamo ricordare che anche la villa medicea di Cafaggiolo, come ricorda il Vasari, era cinta in origine da fossati), dovevano combinarsi con più aggiornate tipologie rinascimentali.
Questo tipo di adeguamento, oggi scarsamente testimoniato, dovette essere condotto secondo criteri progettuali non dissimili da quelli messi a punti in altri edifici della zona, - ad esempio le proprietà della famiglia Pazzi al Trebbio e a Torre a Decima – caratterizzati dal faticoso processo di affrancatura dagli elementi di retaggio medievale per la piena affermazione dei prototipi di ville rinascimentali
Durante il Cinquecento il possedimento di Gricigliano si arricchì di nuovi terreni con annesse case da lavoratore: nel 1583 Francesco di Carlo Martelli (1543-1601) acquistò "un podere con casa da lavoratore e casa da Padroni già rovinata e poi restaurate nel Popolo di Remole, detto Palazzuolo", che oggi corrisponde alla casa rurale denominata Sole di Sotto.
Un altro intervento sulla villa degno di nota fu quello condotto per volere di Galeotto di Carlo Martelli nella seconda metà del XVI secolo: sembra infatti che egli abbia investito parte delle proprie risorse finanziarie nella cappella privata e per "rifare la muraglia della detta Villa".
Per tutto il corso del Cinquecento e del Seicento i possedimenti di Gricigliano continuano ad essere al centro di liti e spartizioni tra i vari componenti della famiglia.
Grande attenzione riservò alla villa Marco di Francesco Martelli (1592-1678), dedito all’attività commerciale ma anche raffinato committente (fu lui a patrocinare il completamento, nel 1658, della cappella di famiglia nella chiesa fiorentina dei SS. Michele e Gaetano) intorno al quale l’antica famiglia ritrovò affermazione e prosperità economica.
Per sua volontà furono intrapresi lavori di ristrutturazione e ammodernamento nelle case Martelli che si affacciavano su via della Forca a Firenze e iniziarono le prime acquisizioni di quadri che sarebbero sfociate nell’allestimento di una delle gallerie di gusto barocco più significative nel panorama del collezionismo cittadino fino a tutto il XVIII secolo.
E’ naturale pensare che la floridezza economica della famiglia e gli interessi coltivati da Marco nel campo del nascente collezionismo artistico ispirato al gusto barocco, abbiano avuto dei riflessi positivi anche sulla tenuta di Gricigliano, da sempre rifugio suburbano deputato allo svago e al riposo e, al tempo stesso, tenuta agricola necessaria a mantenere l’alto tenore di vita della famiglia.
I "molti miglioramenti" che le carte d’archivio ricordano a proposito dell’intervento voluto da Marco Martelli a Gricigliano dovettero essere di tale portata da definire nell’aspetto generale le caratteristiche architettoniche della villa e del giardino, così come ancora oggi le possiamo ammirare. Fu comunque con il figlio di Marco, Niccolò Martelli (1634-1711) , introdotto dal padre alla gestione dei traffici mercantili, che la tenuta di Gricigliano nello scorcio degli anni a cavallo tra il Seicento e il Settecento, divenne una dimora di campagna moderna, dotata cioè di una serie di ambienti nuovi e funzionali al doppio ruolo di azienda agricola e villa signorile.
Particolari interessanti sui nuovi interventi si ricavano dalla descrizione di una pianta della villa riferibile al 1706, la quale, nonostante la mancanza del relativo disegno, è di fondamentale importanza per la testimonianza che offre dei lavori intrapresi all’aprirsi del Settecento (3).
Così uno dopo l’altro sono elencati la nuova cappella, edificata dalle fondamenta insieme al quartiere destinato al parroco, la zona dell’ingresso principale alla villa che fu sistemata con un cancello di ferro, dotata di un vestibolo e della grotta di fronte all’ingresso; in questa zona venne effettuato un intervento "correttivo" nei confronti del ponte d’accesso che, scavalcando la vasca d’acqua immetteva nel loggiato del piano terreno, e che nell’occasione fu allargato per maggiore comodità di transito e per una migliore visuale verso l’entrata principale.
Altri interventi riguardarono il giardino nel quale fu innalzato lo Stanzone per i vasi e per gli agrumi, tipico esempio di architettura da giardino di epoca settecentesca che ebbe larga fortuna e notevole evoluzione stilistica per tutto il secolo, e furono previsti alcuni "ritiri" affinché i visitatori potessero agilmente riparasi dalle piogge improvvise.
Seguono poi i locali collegati all’attività agricola della tenuta, quali il "fattoio" per l’olio e le "stanze per chiarirlo e riservarvi la sansa", i forni (precisamente "uno grande e uno piccolo), la tinaia, le stalle. E ancora, i locali a servizio della villa, alcune " stanze per bucati", le rimesse "per lettighe, carrozze e Calessi" ed infine un nuovo "pallottolaio coperto" che andava a sostituire quello in disuso. Durante i decenni successivi anche gli interni della villa vennero investiti da lavori di ammodernamento, mentre continuava la decorazione della nuova cappella che si arricchiva di dipinti di Ignazio Hugfort e Tommaso Gherardini.
Nel quinto decennio del '700 in uno dei locali del piano terreno fu ricavato un teatrino le cui decorazioni furono affidate al quadraturista Ferdinando Melani.
Intorno alla metà del secolo il salone centrale della villa fu rinnovato con pitture a finte architetture e paesaggi marini realizzati da Niccolò Pintucci (4).
Il complesso di Gricigliano ebbe ancora un periodo di splendore nella prima metà dell’800 quando fu sistemata una nuova parte del giardino, quella rivolta ad ovest verso sul crinale di un piccolo torrente, sistemata a parco romantico con la ragnaia, le grotte, le cascatelle il cui ricordo è ancora vivo fra gli abitanti della zona, testimoni oculari in più occasione dei vari festeggiamenti che ancora vi si tenevano fin nel periodo successivo all’ultima guerra mondiale.
Le ultime discendenti dell’antica famiglia Martelli, le sorelle Caterina (1895-1976) e Francesca (1890-1986), hanno passato molto tempo a Gricigliano conducendovi una vita ritirata e dedita ad opere di carità. La proprietà fu donata nel 1973 ai religiosi benedettini di Fontgoumbault della Arcidiocesi di Bourges, fondatori del monastero dedicato a Santa Maria.
Negli anni novanta la villa è divenuta sede dell’ Associazione "Amici di Cristo Re Sommo Sacerdote", costituitasi nel 1997 con lo scopo di promuovere la cultura cristiana; le azioni di questa associazione sono rivolte principalmente alla formazione dei seminaristi e a diffondere e sostenere l’attività di evangelizzazione missionaria nel terzo mondo e nei paesi dell’est.
Grazie a questa nuova destinazione il complesso di Gricigliano ha ritrovato cura e attenzioni e soprattutto la comunità religiosa che lo abita ha ristabilito quel rapporto con il territorio e le persone che precedentemente, a causa anche della clausura benedettina, si era notevolmente allentato (5).

L’assetto che la villa assunse tra gli ultimi decenni del 600 e i primi del 700 - sostanzialmente lo stesso mantenutosi fino ad oggi - è fedelmente riprodotto in un cabreo – riferibile alla seconda metà del Settecento - che illustra tutti i possedimenti agricoli della tenuta e che riporta in una delle tavole una veduta a volo d’uccello della villa (6).
Nonostante la marcata semplificazione dei particolari architettonici, peraltro tipica di questo tipo di strumenti ricognitivi di epoca settecentesca, la struttura della villa è restituita in tutta la sua esattezza e molto chiara risulta l’articolazione e la connessione delle masse murarie.
In primo piano la facciata rivolta verso la valle e affacciata sul giardino, quest’ultimo attraversato dall’asse prospettica che taglia longitudinalmente tutto il recinto della villa e concluso dal vialetto semicircolare che sfuma nei campi coltivati. A seguire il prospetto est segnato in basso dal fossato e aperto verso un secondo giardino rettangolare, recintato su tre lati e rigorosamente organizzato in spartizioni geometriche tenute a prato. Oltre tale prospetto, è visibile il nucleo primitivo dell’antica villa del quale l’ignoto disegnatore ci restituisce soltanto il vuoto del grande cortile centrale.
Più in alto la facciata dello stanzone per i vasi, quinta muraria che chiude uno dei lati corti del giardino rettangolare, e seguita sul retro dai locali agricoli e di servizio. Infine l’ultimo blocco che fronteggia la facciata d’accesso alla villa, qui nascosta, con l’ingresso alla grotta e altri locali di servizio e che, insieme agli ambienti prospicenti la cappella destinati all’uso del parroco, delimita un secondo e più esiguo cortile interno.
Le bellezze naturalistiche che fanno da cornice alla villa Martelli di Gricigliano, così come il suo giardino, non sono passate inosservate agli autori che si sono occupati di questa zona (7).
Così ad esempio il Repetti nel suo Dizionario riporta i versi di un poemetto latino intitolato "Gricilianum Martelli" nel quale viene decantata la mitezza del clima e la bellezza delle colline al centro delle quali si trova la villa definita degna di re. Tuttavia nessuna notazione in merito all’architettura della villa è rintracciabile in tali fonti.
Fu il Carocci nella sua guida sui dintorni di Firenze, a riferirsi per primo alla particolarità della struttura della villa Martelli descritta, infatti, come una "grandiosa costruzione alla quale le successive trasformazioni non hanno tolto affatto i caratteri di un antico castello cinto di Mura e da fossi". Le osservazioni del Carocci si fermano comunque a questa notazione "romantica" sulla matrice medievale dell’architettura senza nessuna altra considerazione. Una lettura esauriente delle peculiarità architettoniche che contraddistinguono il complesso di Gricigliano la si deve, in epoca molto più recente, a Carlo Cresti che in un suo studio sulle ville toscane ha scelto l’edificio dei Martelli , unico tra tutti quelli pur numerosi della Val di Sieve, per illustrare il legame particolarissimo tra le severe facciate esterne e l’ambiente circostante segnato dalle sequenze dei bacini d’acqua (8). E in effetti il fascino e la bellezza che ancora oggi la villa di Gricigliano emana sono in gran parte dovuti al rapporto che si viene ad instaurare con il paesaggio secondo un preciso programma di percorsi organizzati che guidano il visitatore alla scoperta di una natura talvolta amica (giardini dalle forme geometriche, sentieri, sedili) e talvolta bizzarra e imprevedibile (grotte, fontane e ragnaia). E’ indubbio che quel "palazzo diruto circondato da fossati" acquistato nella seconda metà del 400 da Niccolò Martelli sia stato sottoposto ad un globale riassetto architettonico in base ad una precisa scelta di investimento e di valorizzazione delle possibilità produttive offerte dalla zona. Di fatto la villa, secondo un processo evidente in gran parte delle tenute suburbane toscane dal Quattrocento in avanti, divenne la cellula aggregante del nucleo di circostanti poderi rurali (tre poderi con case da lavoratori) che si espanderanno nei due secoli successivi di pari passo con la trasformazione di questa primitiva struttura signorile in elegante dimora di campagna.
L’impronta di una prima e radicale trasformazione cinquecentesca è ravvisabile soprattutto nell’assetto della parte rivolta a nord, con la riorganizzazione degli spazi intorno al severo cortile e la realizzazione della facciata porticata. La scelta presa fin da allora di mantenere il fossato, che circonda su tre lati e a tre diversi livelli, il perimetro della villa, condizionerà anche gli interventi di epoca successiva. Il fossato, con il suo tracciato che lambisce la base dell’edificio, offriva probabilmente, una grande opportunità per temperare in maniera naturale e costante gli ambienti sotterranei della villa, adibiti a cantine e a luoghi di conserva dei prodotti agricoli
A questa ragione strettamente connessa alla vocazione di azienda agricola cui la tenuta di Gricigliano non è venuta mai meno, deve senza dubbio aggiungersi la precisa volontà di sfruttare le suggestioni offerte dagli antichi fossati che, secondo una sensibilità tutta cinquecentesca, furono trasformati in bacini d’acqua tra loro comunicanti a diverse altezze assumendo di fatto il ruolo di filtri tra il mondo chiuso, intimo privato degli interni e la natura circostante: un elemento dunque che ben si prestava a rappresentare quel concetto di contaminazione tra forme naturali e artificiali, tra un disordine naturale e una perfezione costruttiva, in una parola tra arte e natura, tanto caro agli architetti operanti tra ‘400 e ‘500 nei giardini delle dimore di campagna di casa Medici.
Il riferimento agli interventi cinquecenteschi condotti alla serie delle dimore suburbane medicee non appare del tutto fuori luogo se si pensa alla presenza di vivai antistanti la facciata principale sia nella villa di Castello che in quella di Petraia.
A Castello, in particolare, il "Vivaio murato con un ponte in mezzo" è testimoniato fin da prima dell’acquisto del "palagio" Della Stufa da pare dei cugini di Lorenzo il Magnifico e nel progetto di intervento messo a punto a partire dal 1537 dal Tribolo rimarrà elemento dominante di tutto lo spazio antistante la villa, così come lo si vede nella raffigurazione tardo cinquecentesca di Giusto Utens (9). L’accesso principale alla villa è segnato da un cancello aperto sul ponte sopra la vasca a livello più alto, scavalcato il quale ci si trova di fronte alla facciata caratterizzata da un profondo portico a tre arcate che immette nel cortile interno. Lo schema compositivo di questo prospetto è molto semplice e risulta organizzato intorno al portico aperto in maniera asimmetrica lungo la superficie muraria, probabilmente in conseguenza del faticoso adeguamento delle nuove forme cinquecentesche a strutture precedenti. Ai lati due finestre inginocchiate e in alto la serie di aperture molto più ridotte, rettangolari e ravvicinate che proseguono anche lungo il fianco. Si tratta di una facciata severa e castigata, di chiara impronta cinquecentesca avvicinabile a quella della villa denominata Il Palagio della famiglia Albizi in località Pomino con la quale condivide in maniera puntuale la stessa concezione della supremazia del volume pieno e compatto sul vuoto creato dalle campate del portico. Un gusto ben diverso si coglie, a mio avviso, nella facciata opposta, aperta sul giardino, che assume, da un lato, il ruolo naturale di saldatura della sequenza delle varie strutture e dall’altro quello di quinta scenica aperta sullo spazio sconfinato della valle sottostante per divenire, infine, elemento dominante dell’organizzazione visuale del paesaggio (basti pensare al fatto che tale prospetto è visibile fino dalle rive dell’Arno). Il prospetto consta di una parte più arretrata affiancata da due corpi che si staccano a mo’ di torrioni dal perimetro murario.
Questo timido ma efficace tentativo di movimentare la notevole superficie muraria attraverso queste due piccole "braccia" protese verso l’esterno e vagamente riecheggianti la struttura medievale, rivela una concezione architettonica più matura rispetto a quella tradizionale della facciata nord e una sensibilità per la connessione tra architettura e giardino tipicamente seicentesca.
Ne sono inoltre testimoni certi elementi adottati per interrompere l’effetto monumentale della struttura e per introdurre note maggiormente decorative.
In primo luogo la sequenza delle grandi porte finestre (tutte le aperture sono state molto rimaneggiate) con quella centrale sormontata da una cornice spezzata con fastigio. Secondariamente il notevole stemma in pietra posto lungo l’asse longitudinale, simbolo di un raggiunto e ostentato prestigio sociale e ad un tempo elemento ornamentale per eccellenza.
Ed infine la terrazza ricavata dall’arretramento del corpo principale e delimitata da una sottile ringhiera alternata ad eleganti pilastrini in pietra. Quest’ultimo motivo, in particolare, insieme alla maggiore leggerezza acquisita dalle masse murarie grazie alle aperture che si fanno più grandi e serrate, può considerarsi contraltare alla loggia cinquecentesca, soluzione nella quale si manifesta cioè la scelta consapevole dell’abbandono del filtro chiuso e protetto –il loggiato appunto- e l’adozione coraggiosa di un elemento -una terrazza aperta- attraverso il quale il frequentatore è posto in diretto contatto con le bellezze naturali.
E’ molto probabile che la sistemazione di questa facciata debba riferirsi al periodo in cui l’ingente patrimonio dei Martelli era amministrato da Marco di Francesco Martelli (1592-1678).
Tra le numerose opere d’arte conservate nel corso dei secoli a Gricigliano andrà ricordato il rilievo marmoreo raffigurante la Madonna col Bambino fra putti realizzata nei primi anni del Cinquecento dal pittore e scultore Giovan Francesco Rustici artista particolarmente apprezzato da Piero di Braccio di Domenico Martelli (1468-1525) che gli commissionò diversi lavori.
Il rilievo è ricordato dai documenti a Gricigliano, dove stava, almeno dal 1682, nella vecchia cappella, al centro di una tavola raffigurante alcuni cherubini appositamente dipinta dal pittore Vincenzo Dandini (10). All’esterno, lungo il muro che affianca la Cappella dedicata a S. Giuseppe, è sistemata una robbiana raffigurante la Madonna racchiusa in una mandorla e affiancata da due angeli . Il rilievo è inserito in una edicola di foggia settecentesca e forse decorava la cappella più antica. Nonostante l’iconografia della Vergine racchiusa nella mandorla appaia alquanto arcaica, l’opera sembrerebbe un prodotto della più matura e proficua bottega robbiana della seconda metà del Cinquecento; potrebbe essere stata spostata all’esterno in occasione dell’abbattimento della cappella preesistente e della costruzione di quella attuale innalzata tra la fine del Seicento e i primi anni del Settecento (rimando).

Note:
1) Cfr. E. Repetti, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, Firenze, 5 voll. 1833-1846, II, 1835, p.514.
2) Tutte queste notizie, cosi come quelle che seguono sui passaggi di proprietà di Gricigliano, sono tratte da C. Benassai, Origine e storia della famiglia Martelli, ms. 1815-1824, in ASF, Carte Martelli, busta 1, fasc. 34, pp. 32-33 e segg.
3) ASF, Carte Martelli, filza 1430, fasc. 62, cc 1-62).
4) Si vedano i pagamenti ai due pittori in ASF, Carte Martelli, filza 1846, Entrata e Uscita … 1744 .. 1753, c.2v e seguenti per il Melani e c. 103 v per il Pintucci.
5) L’Associazione pubblica un trimestrale di informazione e di divulgazione delle iniziative promosse dal titolo Cristo Re Sommo Sacerdote (Anno I, n.1 dicembre 1997).
I religiosi hanno riaperto al pubblico il giardino della villa e hanno organizzato un punto di vendita dei prodotti agricoli della zona. Ogni domenica mattina si celebra la messa in canto gregoriano.
6) ASF, Carte Martelli.
7) G. Righini, Mugello e Valdisieve, Firenze 1956, p.314: M. Becattini A. Granchi, Alto Mugello Mugello Val di Sieve, p. 244; G.Lensi Orlandi Cardini, Le ville di Firenze, Firenze 1954-1955, 2 voll., I, p. 128; E. Repetti, cit., II, 1835, p.515; G. Carocci, I dintorni di Firenze, Firenze 1906-1907, 2 voll., p. 30.
8) C. Cresti, Civiltà delle Ville Toscane, Udine 1992, pp. 178-183.
9) Si veda AA.VV., L’Architettura civile in Toscana. Il Cinquecento e il Seicento, a cura di A. Restucci, Cinisello Balsamo, 1993, p. 403 e segg, con ampia bibliografia.
10) A. Civai, cit., p. 41.

Fonte:
www.tuscany.name/CORNUCOPIA/ville/vgricigl.htm#top
Nearby cities:
Coordinate:   43°48'12"N   11°22'49"E
This article was last modified 13 anni fa