Villa la Tana
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Villa La Tana, imponente struttura settecentesca progettata dall’architetto Giovan Battista Foggini su un edificio preesistente che nel Cinquecento fu dimora di Bianca Cappello.
Proprietà dei Bucelli ai primi del Quattrocento, quando era una piccola casa turrita, la villa fu denominata la Tana proprio per le sue ridotte proporzioni e dopo alcuni passaggi di proprietà fu acquistata nel 1570 dalla Cappello e dal consorte Pietro di ser Zenobi Bonaventuri. Due anni dopo la morte del marito, nel 1576, la nobildonna vendette la villa all’ospedale di Santa Maria Nuova che nel 1631 lo cedette al barone Giulio di Bettino Ricasoli. Dopo i Ricasoli, che nella prima metà del Settecento incaricarono l’architetto Giulio Foggini - fratello del più celebre Giovan Battista - di un’importante ristrutturazione, la villa passò nell’Ottocento agli Schneider, poi ai Fossi e infine ai Giaquili Ferrini.
Il viale di accesso, circondato da cipressi, sale fino all’originario palazzo turrito del Quattrocento, oggi completamente trasformato grazie all’imponente ristrutturazione settecentesca che mutò in senso scenografico l’antico aspetto della villa.
All’interno, il primo piano fu eliminato per lasciare posto ad un unico salone circondato da un ballatoio ed arricchito di grandi vedute di paesaggi marini commissionate ad Antonio Carocci (1722), mentre sulla facciata esterna fu costruito l’attico, decorato da vasi di pietra e dall’orologio. Aggiunti lateralmente due bassi corpi di fabbrica, fu costruito il balcone al centro, la facciata fu spartita da formelle e scomparti decorativi e fu edificato il doppio scalone ricurvo decorato da statue.
Nel corso dell’Ottocento, i Fossi operarono ulteriori cambiamenti ordinando la costruzione di una cappella sulla destra e di un edificio simmetrico sulla sinistra; alterarono la distribuzione delle finestre e degli elementi decorativi della facciata e tracciarono il viale d’ingresso, forse su progetto dell’architetto Poggi.
Sul retro della villa prospera, immutato, il grande giardino di aiuole geometriche composte di iris ed azalee. La villa è attualmente circondata da un ampio ed articolato giardino, strutturato in più parti, ed è annunciata dall’ottocentesco viale di accesso, costituito da cipressi, che inquadra prospetticamente il fronte principale dell’edificio, concludendosi con una scalinata dall’andamento molto poco pronunciato, la quale, articolandosi successivamente in ulteriori due rampe, conduce all’ingresso principale attraverso un terrazzamento prospiciente il vialone. Questa sistemazione esterna dello spazio antistante la villa risulta essere un intervento molto interessante perché richiama il modello di spazialità proprio del XVIII, riscontrabile anche in altri manufatti presenti nel territorio, quali ad esempio la villa di Torre a Cona.
La presenza infatti di un grande viale alberato, circoscritto da imponenti piante sempreverdi, che segnala ed evidenzia l’immobile, e la sua terminazione costituita da una scalinata, la quale si duplica nella presenza di due rampe dall’andamento curvilineo, che raggiungono il livello superiore del piano di campagna dell’edificio, risulta essere un disegno che si ripete in numerose sistemazioni esterne eseguite nel corso del XVIII secolo nelle residenze signorili extraurbane.
Giuseppe Zocchi ritrasse questo edificio con un arcadico e suggestivo paesaggio, forse mai esistito, costituito da fondamentali fattori architettonici e paesistici che ritroviamo ancora oggi, ed arricchito da altri elementi legati all’immaginario fantastico inerente il tema della villa; il disegno mostra infatti in primo piano il cancello affiancato da cipressi, con il viale prospettico e pianeggiante, mentre si nota anche un ruscello impetuoso con cascata, elemento di invenzione che si pone ipoteticamente ad evocazione della presenza di acqua quale simbolo di benessere, bellezza paesaggistica e ricchezza compositiva dello spazio verde proprio dell’edificio.
La presenza di un piccolo ninfeo, posto come scenografica terminazione dell’asse visivo costituito dal viale alberato, risulta essere un altro interessante elemento che si ritrova in questa tipologia di sistemazione esterna. Le due scalinate laterali determinano infatti uno spazio che, in posizione simmetrica rispetto al fronte della villa, consente l’apertura ad una grotta trattata con quei materiali, quali spugne, elementi organici e lapidei, con i quali era consuetudine rivestire questo tipo di manufatti architettonici. L’esterno della grotta è risolto con un fronte definito da un arco a tutto sesto sorretto da due colonne circolari, il tutto incorniciato da una trabeazione legata ad un ordine architettonico maggiore definito da due lesene ribattute; si trovano inoltre specchiature che arricchiscono la composizione, definite da applicazioni a rivestimento di materiale spugnoso e conchiglie. Su ogni lesena si trova inoltre una specchiatura rettangolare in cui si assiste ad un maggiore impiego di frammenti di svariati materiali, quali elementi ceramici, conchiglie, spugne, e, in posizione centrale alla decorazione, di un cammeo, secondo una varietà materica che si pone quale esempio di un modus decorativo tipico dell’area fiorentina. Anche la pavimentazione della scalinata e della zona antistante la grotta risulta essere di particolare interesse, in quanto, nonostante un evidente stato di degrado, si rilevano ancora i motivi geometrici delineati attraverso l’impiego di sassi rotondeggianti dalle colorazioni differenti, 48 posti di taglio, che si integrano arricchendo l’impaginato decorativo di questo spazio esterno. Questo tipo di trattamento della superficie pavimentale risulta essere un elemento costante nelle realizzazioni coeve di tali manufatti, richiamando le precedenti realizzazioni di ambito rinascimentale e seicentesco; analogo trattamento della pavimentazione si ritrova infatti anche nel ninfeo di villa Bandini, in cui la disposizione di piccoli sassi su tutta la superficie interna della grotta consentiva anche l’alloggiamento di piccoli augelli a pavimento per la realizzazione di giochi d’acqua.
La grotta vera e propria è costituita da un unico vano rettangolare, non accessibile in quanto preceduto da un’ampia vasca dal disegno curvilineo, nella quale si raccoglieva l’acqua che proveniva probabilmente anche dal piccolo vano ipogeo. La vasca, pavimentata in laterizio e circoscritta da una muretto, anch’esso laterizio, occupa in larghezza tutto lo spazio sottostante le due ali della scalinata monumentale che conduce al terrazzamento dal quale si accede alla villa, configurandosi così, con lo sfondato prospettico ricavato dalla presenza della grotta, come scenografico elemento di conclusione visiva del maestoso viale che segnala la presenza dell’immobile. Lo sfarzo e la magnificenza data dai materiali, dalla varietà di colori e disegni geometrici, arricchiti ed animati dalla presenza di zampilli e riflessi d’acqua, contribuivano sicuramente alla definizione “teatrale” di tale impaginato architettonico decorativo.
Il parco della villa si sviluppa prevalentemente sul retro, con il grande giardino ancora intatto costituito, su modello del giardino formale, da aiuole geometriche composte da iris ed azalee, ed arricchite dalla presenza di fonti d’acqua, utili per il raffrescamento dei suoi visitatori. Il giardino, ampliato dal marchese Giaquili Ferrini, con l’accorpamento dell’orto sottostante, è affiancato dal grande stanzone di limoni che accoglie un’eccezionale quantità di conche, ed è abbellito da una fontana prospettica e da una voliera. Dal parco della villa si può anche intraprendere un’arcadica viottola che conduce per il bosco ad un gruppo di case dette “gli Ulivelli”, probabilmente ultimi resti dell’antico Palagio dei Portinari.
Fonte:
Verdi Terre di Toscana
www.verditerre.org/verde/6/9ripolitana.html
Proprietà dei Bucelli ai primi del Quattrocento, quando era una piccola casa turrita, la villa fu denominata la Tana proprio per le sue ridotte proporzioni e dopo alcuni passaggi di proprietà fu acquistata nel 1570 dalla Cappello e dal consorte Pietro di ser Zenobi Bonaventuri. Due anni dopo la morte del marito, nel 1576, la nobildonna vendette la villa all’ospedale di Santa Maria Nuova che nel 1631 lo cedette al barone Giulio di Bettino Ricasoli. Dopo i Ricasoli, che nella prima metà del Settecento incaricarono l’architetto Giulio Foggini - fratello del più celebre Giovan Battista - di un’importante ristrutturazione, la villa passò nell’Ottocento agli Schneider, poi ai Fossi e infine ai Giaquili Ferrini.
Il viale di accesso, circondato da cipressi, sale fino all’originario palazzo turrito del Quattrocento, oggi completamente trasformato grazie all’imponente ristrutturazione settecentesca che mutò in senso scenografico l’antico aspetto della villa.
All’interno, il primo piano fu eliminato per lasciare posto ad un unico salone circondato da un ballatoio ed arricchito di grandi vedute di paesaggi marini commissionate ad Antonio Carocci (1722), mentre sulla facciata esterna fu costruito l’attico, decorato da vasi di pietra e dall’orologio. Aggiunti lateralmente due bassi corpi di fabbrica, fu costruito il balcone al centro, la facciata fu spartita da formelle e scomparti decorativi e fu edificato il doppio scalone ricurvo decorato da statue.
Nel corso dell’Ottocento, i Fossi operarono ulteriori cambiamenti ordinando la costruzione di una cappella sulla destra e di un edificio simmetrico sulla sinistra; alterarono la distribuzione delle finestre e degli elementi decorativi della facciata e tracciarono il viale d’ingresso, forse su progetto dell’architetto Poggi.
Sul retro della villa prospera, immutato, il grande giardino di aiuole geometriche composte di iris ed azalee. La villa è attualmente circondata da un ampio ed articolato giardino, strutturato in più parti, ed è annunciata dall’ottocentesco viale di accesso, costituito da cipressi, che inquadra prospetticamente il fronte principale dell’edificio, concludendosi con una scalinata dall’andamento molto poco pronunciato, la quale, articolandosi successivamente in ulteriori due rampe, conduce all’ingresso principale attraverso un terrazzamento prospiciente il vialone. Questa sistemazione esterna dello spazio antistante la villa risulta essere un intervento molto interessante perché richiama il modello di spazialità proprio del XVIII, riscontrabile anche in altri manufatti presenti nel territorio, quali ad esempio la villa di Torre a Cona.
La presenza infatti di un grande viale alberato, circoscritto da imponenti piante sempreverdi, che segnala ed evidenzia l’immobile, e la sua terminazione costituita da una scalinata, la quale si duplica nella presenza di due rampe dall’andamento curvilineo, che raggiungono il livello superiore del piano di campagna dell’edificio, risulta essere un disegno che si ripete in numerose sistemazioni esterne eseguite nel corso del XVIII secolo nelle residenze signorili extraurbane.
Giuseppe Zocchi ritrasse questo edificio con un arcadico e suggestivo paesaggio, forse mai esistito, costituito da fondamentali fattori architettonici e paesistici che ritroviamo ancora oggi, ed arricchito da altri elementi legati all’immaginario fantastico inerente il tema della villa; il disegno mostra infatti in primo piano il cancello affiancato da cipressi, con il viale prospettico e pianeggiante, mentre si nota anche un ruscello impetuoso con cascata, elemento di invenzione che si pone ipoteticamente ad evocazione della presenza di acqua quale simbolo di benessere, bellezza paesaggistica e ricchezza compositiva dello spazio verde proprio dell’edificio.
La presenza di un piccolo ninfeo, posto come scenografica terminazione dell’asse visivo costituito dal viale alberato, risulta essere un altro interessante elemento che si ritrova in questa tipologia di sistemazione esterna. Le due scalinate laterali determinano infatti uno spazio che, in posizione simmetrica rispetto al fronte della villa, consente l’apertura ad una grotta trattata con quei materiali, quali spugne, elementi organici e lapidei, con i quali era consuetudine rivestire questo tipo di manufatti architettonici. L’esterno della grotta è risolto con un fronte definito da un arco a tutto sesto sorretto da due colonne circolari, il tutto incorniciato da una trabeazione legata ad un ordine architettonico maggiore definito da due lesene ribattute; si trovano inoltre specchiature che arricchiscono la composizione, definite da applicazioni a rivestimento di materiale spugnoso e conchiglie. Su ogni lesena si trova inoltre una specchiatura rettangolare in cui si assiste ad un maggiore impiego di frammenti di svariati materiali, quali elementi ceramici, conchiglie, spugne, e, in posizione centrale alla decorazione, di un cammeo, secondo una varietà materica che si pone quale esempio di un modus decorativo tipico dell’area fiorentina. Anche la pavimentazione della scalinata e della zona antistante la grotta risulta essere di particolare interesse, in quanto, nonostante un evidente stato di degrado, si rilevano ancora i motivi geometrici delineati attraverso l’impiego di sassi rotondeggianti dalle colorazioni differenti, 48 posti di taglio, che si integrano arricchendo l’impaginato decorativo di questo spazio esterno. Questo tipo di trattamento della superficie pavimentale risulta essere un elemento costante nelle realizzazioni coeve di tali manufatti, richiamando le precedenti realizzazioni di ambito rinascimentale e seicentesco; analogo trattamento della pavimentazione si ritrova infatti anche nel ninfeo di villa Bandini, in cui la disposizione di piccoli sassi su tutta la superficie interna della grotta consentiva anche l’alloggiamento di piccoli augelli a pavimento per la realizzazione di giochi d’acqua.
La grotta vera e propria è costituita da un unico vano rettangolare, non accessibile in quanto preceduto da un’ampia vasca dal disegno curvilineo, nella quale si raccoglieva l’acqua che proveniva probabilmente anche dal piccolo vano ipogeo. La vasca, pavimentata in laterizio e circoscritta da una muretto, anch’esso laterizio, occupa in larghezza tutto lo spazio sottostante le due ali della scalinata monumentale che conduce al terrazzamento dal quale si accede alla villa, configurandosi così, con lo sfondato prospettico ricavato dalla presenza della grotta, come scenografico elemento di conclusione visiva del maestoso viale che segnala la presenza dell’immobile. Lo sfarzo e la magnificenza data dai materiali, dalla varietà di colori e disegni geometrici, arricchiti ed animati dalla presenza di zampilli e riflessi d’acqua, contribuivano sicuramente alla definizione “teatrale” di tale impaginato architettonico decorativo.
Il parco della villa si sviluppa prevalentemente sul retro, con il grande giardino ancora intatto costituito, su modello del giardino formale, da aiuole geometriche composte da iris ed azalee, ed arricchite dalla presenza di fonti d’acqua, utili per il raffrescamento dei suoi visitatori. Il giardino, ampliato dal marchese Giaquili Ferrini, con l’accorpamento dell’orto sottostante, è affiancato dal grande stanzone di limoni che accoglie un’eccezionale quantità di conche, ed è abbellito da una fontana prospettica e da una voliera. Dal parco della villa si può anche intraprendere un’arcadica viottola che conduce per il bosco ad un gruppo di case dette “gli Ulivelli”, probabilmente ultimi resti dell’antico Palagio dei Portinari.
Fonte:
Verdi Terre di Toscana
www.verditerre.org/verde/6/9ripolitana.html
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