La strada casentinese e il passo della Consuma (SR70)
L’abitato della Consuma trae notorietà dall’omonimo valico, interessato dal passaggio di una delle direttrici colleganti il Valdarno al Casentino: tale strada però fino ai lavori intrapresi in età leopoldina (seconda metà del XVIII sec.) era rimasta per secoli poco più di una mulattiera, in cui il transito era possibile soltanto a piedi, con animali da soma o a cavallo, sempre con qualche difficoltà (in prossimità soprattutto dei guadi sui corsi d’acqua) e con disagi notevoli nella stagione invernale. Ciò è dimostrato, tra gli altri, da un tardo documento (1772) in cui si legge che "la strada che dal Castello di Pontassieve conduce in Casentino fino al confine della Cancelleria è ridotta in pessimo stato, ed à bisogno in molti luoghi d’essere resarcita con levar l’acque della medesima, dalle quali vien precipitata e guastata". Fino a quell’epoca, come desumiamo dalla di poco anteriore "Descrizione delle Strade pubbliche e de’ Ponti esistenti nella Potesteria del Pont’a Sieve" (A.S.F., Capitani di Parte N. neri, 1707, n.24, 16 maggio 1763), la strada era stata di competenza del Vicariato di S. Giovanni, al quale spettava ogni lavoro di manutenzione.
Qualche anno dopo una legge (datata 4 marzo 1776) affidò la manutenzione delle strade Regie alle comunità da queste attraversate, le quali avrebbero potuto scegliere tra la conduzione diretta o l’appalto ai privati: la comunità di Pontassieve, pur non avendo strade classificate come regie nel proprio territorio, sul momento si mostrò propensa ad appaltare ad imprese private la manutenzione delle strade principali in esso esistenti (tra cui la Casentinese), ma a causa di complicazioni insorte, l’ipotesi dell’accollo venne accantonata.
Poco più tardi (1784), in occasione della redazione delle "Piante di Popoli e Strade della Comunità di Ponte a Sieve", la casentinese, opportunamente descritta, fu classificata come strada comunitativa n°2. Nel 1785 venne presentato dall’architetto Vincenzo Del Conte un primo progetto di rifacimento della strada e la sua trasformazione in "rotabile", atta cioè al passaggio di carri: il tracciato proposto escludeva il transito per il passo della Consuma, prediligendo il valico del Gualdo (alla Giuncaia), posto di poco più a nord, e quindi la discesa verso il fondovalle attraverso la bandita della Matteraia, la Madonna de’Fossi, Pomino, fino allo sbocco sulla strada per la Romagna, nei pressi della Rufina. Un secondo progetto venne presentato l’anno successivo dal Giovani, che a sua volta espresse la propria preferenza per un tracciato sfociante sul versante casentinese a Montemignaio e a Strada, quindi più a sud rispetto alla Consuma: pressioni da parte delle comunità del Valdarno e di quella di Montemignaio a sostegno di una direttrice più meridionale (che da Altomena transitasse per il valico della Croce Vecchia, nei pressi della Secchieta), vennero avanzate anche negli anni seguenti, quando i lavori erano già cominciati.
Prevalse infatti un progetto presentato dal "matematico regio" Pietro Ferroni, che ricopriva l’incarico di soprintendente alle opere pubbliche e che godeva della massima fiducia da parte del Granduca Pietro Leopoldo. I lavori, affidati all’impresa di Vittorio Gabbrielli, presero il via nel 1787 e si conclusero nel 1789, sotto l’attenta direzione dell’anziano ingegnere Anastagio Anastagi, che quarant’anni prima aveva progettato la "regia Bolognese" e collaborato a quelli per altre arterie di grande comunicazione (la "Aretina", la "Pisana" e la "Modenese"), e che in passato aveva a lungo operato nella zona in qualità di Agente di Strade per i Capitani di Parte e per la Camera delle Comunità, tra l’altro compiendo nel 1774 una ricognizione proprio sulla Casentinese.
La nuova strada riutilizzava parzialmente il vecchio percorso, che alla lunga era apparso come il più funzionale: si era optato per una direttrice mediana fra quelle sopra esposte, prediligendo sul versante casentinese uno sbocco verso il paese di Borgo alla Collina. Molti tronchi della vecchia casentinese, come testimoniano documenti del tempo, vennero "arbitrariamente divelti e coltivati dai possessori adiacenti", rendendo necessaria una regolarizzazione dell’alienazione da parte della comunità. Fin dalla sua inaugurazione, la nuova rotabile Pontassieve – Consuma contava molte strutture di servizio, tra cui diverse osterie. La prima che si incontrava sulla salita per il valico era quella delle Palaie, di proprietà Albizi e gestita da Giovan Antonio Sabatelli: essa era situata nei pressi delle case di Lucente ed aveva sostituito quella più antica, posta in località Palaie Vecchia (lungo l’antico tracciato della casentinese).
Poco più a monte, alla Torricella, Maria Mei conduceva una piccola osteria, di proprietà degli eredi Tinacci. La successiva era quella di Diacceto, appartenente in parte alla Commenda Ricci e in parte alla famiglia Marchionni, e affidata a Giovan Battista Tilli. Era quindi possibile sostare a Borselli, nell’osteria condotta da Michelangelo Carletti e appartenente al Monastero di S. Maria degli Angeli, ed infine alla Consuma nell’osteria gestita da Giuseppe Maria Contri, detto "Bacco".
Intorno alla strada ruotava inoltre tutto un mondo di muratori, scalpellini, selciatori, manovali, contadini, vetturali o procaccia, cavallari e fabbri, che traeva dal transito di persone e merci una qualche forma di introito. Purtroppo la partenza del granduca nel 1790 e la temperie rivoluzionaria impedirono il proseguimento dei lavori della rotabile sul versante casentinese, anche a causa di contrasti sulla scelta del tracciato di discesa. Nei decenni successivi alla sua inaugurazione, il nuovo tracciato tra Pontassieve e la Consuma necessitò ben presto di lavori di restauro, come è testimoniato da alcuni reclami circa l’impraticabilità di transito per le vetture.
Nel 1809, a seguito di un decreto del 30 aprile del Prefetto del Dipartimento dell’Arno, troviamo la casentinese classificata come strada "di regia prestazione", posta direttamente a carico della neonata amministrazione comunale di Pelago. L’opera fu completata sul versante casentinese soltanto nell’età della restaurazione: i lavori ripresero nel 1815 sotto la soprintendenza dell’ingegnere Neri Zocchi, e potevano dirsi praticamente conclusi nel 1818; la nuova rotabile venne classificata come "Strada Provinciale del Casentino".
Fonte:
www.tuscany.name/CORNUCOPIA/abitati/consuma.htm
Qualche anno dopo una legge (datata 4 marzo 1776) affidò la manutenzione delle strade Regie alle comunità da queste attraversate, le quali avrebbero potuto scegliere tra la conduzione diretta o l’appalto ai privati: la comunità di Pontassieve, pur non avendo strade classificate come regie nel proprio territorio, sul momento si mostrò propensa ad appaltare ad imprese private la manutenzione delle strade principali in esso esistenti (tra cui la Casentinese), ma a causa di complicazioni insorte, l’ipotesi dell’accollo venne accantonata.
Poco più tardi (1784), in occasione della redazione delle "Piante di Popoli e Strade della Comunità di Ponte a Sieve", la casentinese, opportunamente descritta, fu classificata come strada comunitativa n°2. Nel 1785 venne presentato dall’architetto Vincenzo Del Conte un primo progetto di rifacimento della strada e la sua trasformazione in "rotabile", atta cioè al passaggio di carri: il tracciato proposto escludeva il transito per il passo della Consuma, prediligendo il valico del Gualdo (alla Giuncaia), posto di poco più a nord, e quindi la discesa verso il fondovalle attraverso la bandita della Matteraia, la Madonna de’Fossi, Pomino, fino allo sbocco sulla strada per la Romagna, nei pressi della Rufina. Un secondo progetto venne presentato l’anno successivo dal Giovani, che a sua volta espresse la propria preferenza per un tracciato sfociante sul versante casentinese a Montemignaio e a Strada, quindi più a sud rispetto alla Consuma: pressioni da parte delle comunità del Valdarno e di quella di Montemignaio a sostegno di una direttrice più meridionale (che da Altomena transitasse per il valico della Croce Vecchia, nei pressi della Secchieta), vennero avanzate anche negli anni seguenti, quando i lavori erano già cominciati.
Prevalse infatti un progetto presentato dal "matematico regio" Pietro Ferroni, che ricopriva l’incarico di soprintendente alle opere pubbliche e che godeva della massima fiducia da parte del Granduca Pietro Leopoldo. I lavori, affidati all’impresa di Vittorio Gabbrielli, presero il via nel 1787 e si conclusero nel 1789, sotto l’attenta direzione dell’anziano ingegnere Anastagio Anastagi, che quarant’anni prima aveva progettato la "regia Bolognese" e collaborato a quelli per altre arterie di grande comunicazione (la "Aretina", la "Pisana" e la "Modenese"), e che in passato aveva a lungo operato nella zona in qualità di Agente di Strade per i Capitani di Parte e per la Camera delle Comunità, tra l’altro compiendo nel 1774 una ricognizione proprio sulla Casentinese.
La nuova strada riutilizzava parzialmente il vecchio percorso, che alla lunga era apparso come il più funzionale: si era optato per una direttrice mediana fra quelle sopra esposte, prediligendo sul versante casentinese uno sbocco verso il paese di Borgo alla Collina. Molti tronchi della vecchia casentinese, come testimoniano documenti del tempo, vennero "arbitrariamente divelti e coltivati dai possessori adiacenti", rendendo necessaria una regolarizzazione dell’alienazione da parte della comunità. Fin dalla sua inaugurazione, la nuova rotabile Pontassieve – Consuma contava molte strutture di servizio, tra cui diverse osterie. La prima che si incontrava sulla salita per il valico era quella delle Palaie, di proprietà Albizi e gestita da Giovan Antonio Sabatelli: essa era situata nei pressi delle case di Lucente ed aveva sostituito quella più antica, posta in località Palaie Vecchia (lungo l’antico tracciato della casentinese).
Poco più a monte, alla Torricella, Maria Mei conduceva una piccola osteria, di proprietà degli eredi Tinacci. La successiva era quella di Diacceto, appartenente in parte alla Commenda Ricci e in parte alla famiglia Marchionni, e affidata a Giovan Battista Tilli. Era quindi possibile sostare a Borselli, nell’osteria condotta da Michelangelo Carletti e appartenente al Monastero di S. Maria degli Angeli, ed infine alla Consuma nell’osteria gestita da Giuseppe Maria Contri, detto "Bacco".
Intorno alla strada ruotava inoltre tutto un mondo di muratori, scalpellini, selciatori, manovali, contadini, vetturali o procaccia, cavallari e fabbri, che traeva dal transito di persone e merci una qualche forma di introito. Purtroppo la partenza del granduca nel 1790 e la temperie rivoluzionaria impedirono il proseguimento dei lavori della rotabile sul versante casentinese, anche a causa di contrasti sulla scelta del tracciato di discesa. Nei decenni successivi alla sua inaugurazione, il nuovo tracciato tra Pontassieve e la Consuma necessitò ben presto di lavori di restauro, come è testimoniato da alcuni reclami circa l’impraticabilità di transito per le vetture.
Nel 1809, a seguito di un decreto del 30 aprile del Prefetto del Dipartimento dell’Arno, troviamo la casentinese classificata come strada "di regia prestazione", posta direttamente a carico della neonata amministrazione comunale di Pelago. L’opera fu completata sul versante casentinese soltanto nell’età della restaurazione: i lavori ripresero nel 1815 sotto la soprintendenza dell’ingegnere Neri Zocchi, e potevano dirsi praticamente conclusi nel 1818; la nuova rotabile venne classificata come "Strada Provinciale del Casentino".
Fonte:
www.tuscany.name/CORNUCOPIA/abitati/consuma.htm
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