Retablo di San Francesco (Iglesias)
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interno, Luogo interessante
Il Retablo di San Francesco, ora custodito nella Pinacoteca nazionale di Cagliari e attualmente in fase di restauro, proviene dalla chiesa di San Francesco di Iglesias, dove era la pala dell'altare maggiore. È un doppio trittico a tempera e olio su tavola, con predella a cinque scomparti con questo schema iconografico:
L'opera è attribuita ad Antioco Mainas, pittore che si formò nella bottega di Stampace, e databile tra il 1537 e il 1571. Una datazione così approssimativa dipende da diversi fattori: il primo riguarda il suo autore. Antioco Mainas, fino al 1937, era noto solo da alcune menzioni che comparivano su qualche documento, ma non era stato possibile individuare nessuna sua opera. Poi, in quell'anno, fu ritrovato un documento datato 1564-65, in cui il pittore si impegnava a dipingere il Retablo dei Consiglieri di Oristano e, partendo da quest'opera, è stato possibile attribuirgli numerosi dipinti, soprattutto retabli tardo gotici di grandi dimensioni. Altro elemento di difficoltà riguarda, per così dire, lo stile del pittore, e della stessa scuola stampacina, improntato verso una pittura popolare, per venire incontro alle esigenze di una committenza non troppo colta e certamente poco esigente, che richiedeva una semplificazione dei temi trattati. Questa tendenza popolare ebbe enorme successo in Sardegna, al punto di influenzare la pittura isolana fino al XVII e XVIII secolo. È un tipo di pittura, questo, che unito alla assoluta scarsezza di materiale documentario, rende difficile il lavoro dello storico. Il Mainas, inoltre, appare come il pittore stampacino più orientato verso questa tendenza: non a caso la sua committenza era prevalentemente paesana, che maggiormente apprezzava la sua spontaneità, l'utilizzo di colori forti e squillanti, e la tendenza al decorativismo che, sdrammatizzando le scene sacre, le rendeva più leggibili. Tuttavia, nonostante queste peculiarità, il pittore appare come totalmente dipendente da Pietro e da Michele Cavaro: il primo fu il suo tramite per la cultura ispano italica e gotico rinascimentale; dal secondo prese l'accentuato verticalismo delle figure, l'utilizzo della linea in maniera incisiva e gli spunti manieristi, che utilizza con assoluta libertà.
Il Retablo di San Francesco contiene alcuni insoliti aspetti iconografici: al centro della predella è la Resurrezione, dove Cristo è sollevato da terra dal manto rigonfio, ed emana un'intensa luce che spaventa un soldato posto a guardia del sepolcro. Iconografia che ritorna anche nella predella di Nostra Signora di Valverde, dove la figura di Cristo è pressoché identica a questa. Sono immagini naïf che assumono un carattere di vera e propria firma delle opere del Mainas.
In alto, la Crocifissione si distingue da altre dello stesso autore (da quella di Pirri, dal Retablo di Lunamatrona, ecc.) per l'assoluta semplificazione della composizione: mancano i ladroni, le ploranti, le guardie e i giudei, e il tutto sembra preludere alle opere del Maestro di Ozieri e dei suoi seguaci. Per il resto presenta molti elementi in comune con il Retablo di Lunamatrona, per lo stagliarsi delle figure sullo sfondo color terra delle rocce che, in entrambi i casi, si aprono dietro la croce lasciando intravedere una città fortificata. La figura di Cristo, con le gambe piegate ad angolo acuto e il perizoma annodato a destra, prende come modello il Crocefisso di Nicodemo di Oristano, tramite la mediazione del Crocefisso, oggi conservato presso il Palazzo di Giustizia di Cagliari, che fu, probabilmente, il primo a rifarsi all'esempio oristanese. Sono anche evidenti dei riferimenti alla pittura nordica, che il Mainas dovette apprendere nella bottega stampacina. Pietro Cavaro, infatti, aveva fare il proprio apprendistato a Valencia e Barcellona (il che dimostra la condizione agiata della sua famiglia e la situazione florida della bottega), dove aveva potuto studiare tale pittura e, successivamente, portarne i modi in Sardegna.
La Lapidazione di Santo Stefano riprende la figura del santo dipinta da Francesco Francia e conservata a Roma alla Galleria Borghese. Sant'Orsola, in alto a sinistra, è una figura maestosa che, seduta, sovrasta in altezza le vergini in piedi che le stanno accanto.
Anche i riferimenti alla cultura rinascimentale italiana, Mainas li prende da Pietro Cavaro, il quale sembra semplificare il linguaggio raffaellesco analogamente a quanto faceva, in Spagna, Paolo da San Leocadio. A questo proposito Antonino Caleca ipotizza anche un possibile viaggio di Pietro a Napoli, non documentato, dove avrebbe potuto forse vedere le opere di Andrea da Salerno, che attuava un'analoga semplificazione dei temi raffaelleschi
Le informazioni sono tratte da www.isolasarda.com/s-francesco.htm
L'opera è attribuita ad Antioco Mainas, pittore che si formò nella bottega di Stampace, e databile tra il 1537 e il 1571. Una datazione così approssimativa dipende da diversi fattori: il primo riguarda il suo autore. Antioco Mainas, fino al 1937, era noto solo da alcune menzioni che comparivano su qualche documento, ma non era stato possibile individuare nessuna sua opera. Poi, in quell'anno, fu ritrovato un documento datato 1564-65, in cui il pittore si impegnava a dipingere il Retablo dei Consiglieri di Oristano e, partendo da quest'opera, è stato possibile attribuirgli numerosi dipinti, soprattutto retabli tardo gotici di grandi dimensioni. Altro elemento di difficoltà riguarda, per così dire, lo stile del pittore, e della stessa scuola stampacina, improntato verso una pittura popolare, per venire incontro alle esigenze di una committenza non troppo colta e certamente poco esigente, che richiedeva una semplificazione dei temi trattati. Questa tendenza popolare ebbe enorme successo in Sardegna, al punto di influenzare la pittura isolana fino al XVII e XVIII secolo. È un tipo di pittura, questo, che unito alla assoluta scarsezza di materiale documentario, rende difficile il lavoro dello storico. Il Mainas, inoltre, appare come il pittore stampacino più orientato verso questa tendenza: non a caso la sua committenza era prevalentemente paesana, che maggiormente apprezzava la sua spontaneità, l'utilizzo di colori forti e squillanti, e la tendenza al decorativismo che, sdrammatizzando le scene sacre, le rendeva più leggibili. Tuttavia, nonostante queste peculiarità, il pittore appare come totalmente dipendente da Pietro e da Michele Cavaro: il primo fu il suo tramite per la cultura ispano italica e gotico rinascimentale; dal secondo prese l'accentuato verticalismo delle figure, l'utilizzo della linea in maniera incisiva e gli spunti manieristi, che utilizza con assoluta libertà.
Il Retablo di San Francesco contiene alcuni insoliti aspetti iconografici: al centro della predella è la Resurrezione, dove Cristo è sollevato da terra dal manto rigonfio, ed emana un'intensa luce che spaventa un soldato posto a guardia del sepolcro. Iconografia che ritorna anche nella predella di Nostra Signora di Valverde, dove la figura di Cristo è pressoché identica a questa. Sono immagini naïf che assumono un carattere di vera e propria firma delle opere del Mainas.
In alto, la Crocifissione si distingue da altre dello stesso autore (da quella di Pirri, dal Retablo di Lunamatrona, ecc.) per l'assoluta semplificazione della composizione: mancano i ladroni, le ploranti, le guardie e i giudei, e il tutto sembra preludere alle opere del Maestro di Ozieri e dei suoi seguaci. Per il resto presenta molti elementi in comune con il Retablo di Lunamatrona, per lo stagliarsi delle figure sullo sfondo color terra delle rocce che, in entrambi i casi, si aprono dietro la croce lasciando intravedere una città fortificata. La figura di Cristo, con le gambe piegate ad angolo acuto e il perizoma annodato a destra, prende come modello il Crocefisso di Nicodemo di Oristano, tramite la mediazione del Crocefisso, oggi conservato presso il Palazzo di Giustizia di Cagliari, che fu, probabilmente, il primo a rifarsi all'esempio oristanese. Sono anche evidenti dei riferimenti alla pittura nordica, che il Mainas dovette apprendere nella bottega stampacina. Pietro Cavaro, infatti, aveva fare il proprio apprendistato a Valencia e Barcellona (il che dimostra la condizione agiata della sua famiglia e la situazione florida della bottega), dove aveva potuto studiare tale pittura e, successivamente, portarne i modi in Sardegna.
La Lapidazione di Santo Stefano riprende la figura del santo dipinta da Francesco Francia e conservata a Roma alla Galleria Borghese. Sant'Orsola, in alto a sinistra, è una figura maestosa che, seduta, sovrasta in altezza le vergini in piedi che le stanno accanto.
Anche i riferimenti alla cultura rinascimentale italiana, Mainas li prende da Pietro Cavaro, il quale sembra semplificare il linguaggio raffaellesco analogamente a quanto faceva, in Spagna, Paolo da San Leocadio. A questo proposito Antonino Caleca ipotizza anche un possibile viaggio di Pietro a Napoli, non documentato, dove avrebbe potuto forse vedere le opere di Andrea da Salerno, che attuava un'analoga semplificazione dei temi raffaelleschi
Le informazioni sono tratte da www.isolasarda.com/s-francesco.htm
Questo luogo è posizionato a Chiesa di San Francesco
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Coordinate: 39°18'43"N 8°31'55"E
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