Sito archeologico di Azetium
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Contrada Torre Castiello
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sito archeologico, mural (en)

di F. Delvecchio
Il sito archeologico di Torre Castiello, ubicato sul poggio omonimo a Nord-Est della cittadina barese di Rutigliano, conserva le rovine della città peuceta di Azetium, che precorse la nascita dell'attuale borgo medievale. L'insediamento, che ha restituito tracce di frequentazione umana che risalgono all'età neolitica, fu occupato sporadicamente a partire del Bronzo Finale (XI - VIII secolo a.C.) e durante la successiva Età del Ferro. La bassa collina, che racchiude un'area oggi intensamente coltivata a vigneti a tendone, è lambita sul suo margine meridionale e sud-occidentale da un solco erosivo di origine carsica, anticamente percorso dalle acque, e noto come Lama di Mosca - Giotta. Oltre ad aver fornito le risorse idriche necessarie al fabbisogno delle genti che vi si stanziarono sui pianori prospicienti, l'ampia e scoscesa vallata del torrente carsico costituì per l'insediamento una difesa naturale.
Il promontorio fu occupato stabilmente probabilmente soltanto a partire dal IV secolo a.C., allorché venne eretto un poderoso circuito murario in buona parte tutt'ora conservato in situ. Infatti, attorno alla seconda metà del IV secolo a.C., le ostilità che contrapposero la città magno-greca di Taranto alle popolazioni dei villaggi messapi e peuceti della Puglia centro-meridionale contribuirono a fare in modo che la maggior parte dei centri indigeni si dotasse di ben più sicure opere di fortificazione e di difesa.
Il pianoro di Castiello risulta infatti tutt'oggi circondato da un'imponente muraglia della lunghezza complessiva di 3450 metri, costituita da un doppio paramento con émplekton centrale di riempimento. La fortificazione è composta da enormi blocchi isodomici di base (in opera poligonale) assemblati a secco, sovrastati da conci di misura via via inferiore. A seconda dello stato di conservazione, la sua altezza varia fra i 4 ed i 6 metri, mentre la profondità, in alcuni punti, raggiunge picchi di 5 metri. Lungo il perimetro, la cintura muraria presenta alcuni avancorpi a pianta quadrata e doveva essere intervallata da torri di vedetta: se ne conservano alcune sul versante esposto a Nord, fra cui l'erta "Torre Belvedere". Sul margine settentrionale, le mura raggiungono infatti dimensioni considerevoli e sono affiancate da una cortina esterna che corre parallela ad essa nella direzione in cui l'abitato si protende verso l'Adriatico e pertanto doveva risultare maggiormente aggredibile. Sul versante meridionale, invece, la muraglia si mostra meno robusta, essendo direttamente affacciata sulla forra della lama di Mosca da cui è naturalmente difesa.
L'ingresso alla città da Sud era assicurato da un viadotto conosciuto localmente come "Ponte Romano", il quale consentiva di scavalcare agevolmente il profondo solco torrentizio. Lo sconvolgimento dell'assetto idrogeologico del territorio, in gran parte dovuto alle trasformazioni agrarie dell'ultimo secolo (impianto di viti da tavola a tendone), ne determinò l'inesorabile crollo durante una poderosa piena alluvionale, occorsa nel gennaio del 1984.
L'insediamento dovette assumere fisionomia propriamente urbana durante l'età classica, periodo al quale si attribuiscono diverse sepolture a fossa, a semicamera e a cassa litica, la maggior parte delle quali già depredate al momento del rinvenimento.
La continuità di vita del centro indigeno è ben documentata in epoca ellenistica, quando probabilmente in cima al pianoro era collocata l'acropoli che ospitava un edificio di carattere pubblico, ipotizzato sulla scorta dei numerosi rocchi di colonne con scanalature rinvenute in passato in posizione di crollo (oggi irreperibili). In epoca repubblicana il centro continuò a svilupparsi, avvantaggiandosi della sua collocazione lungo un percorso viario noto come "mulattiera di Strabone", identificato con la via Minucia, variante interna della via Traiana subcostiera. Tale arteria collegava Bitonto ad Egnazia passando per i centri intermedi di "Caelie" (Ceglie del Campo), "Azetium" (Rutigliano) e "Norba" (Conversano). Inoltre era adeguatamente dotata di percorsi secondari che la collegavano alla costa adriatica, tutt'ora ravvisabili nelle diverse strade vicinali che dalla contrada di Castiello conducono sino al litorale (località "Cala Paduano", probabile sbocco portuale, oggi fra Torre a Mare e Mola di Bari).
Il toponimo della città archeologica, di probabile origine paleo-italica (da Ausetium), si desume da diverse fonti di età imperiale (Plinio il Vecchio, l'Anonimo Ravennate, Guidone) e dalla fondamentale Tabula Peutingeriana o Todosiana (III-IV secolo d.C.), che riporta "Ehetium" (donde "Azetium") come dislocata sulla direttrice interna di origine indigena prima menzionata, a metà strada fra "Celia" (Ceglie) e "Norve" (Conversano).
La sopravvivenza della città è documentata sino alla tarda età imperiale (V-VI secolo d.C.) attraverso rinvenimenti ceramici di superficie.
Il sito di inestimabile valore storico-archeologico (oltre che ambientale e paesaggistico, per via dell'adiacente habitat naturale della lama) versa in colpevole stato di abbandono, in preda alle deturpazioni operate periodicamente dai coltivatori diretti che, in barba alle norme di tutela del sito archeologico istituite dagli anni '80 del secolo scorso, seguitano a incrementare le piantagioni di vigneti a tendone, eseguendo finanche i proibiti e dannosi derocciamenti ("scassi") con frangipietre e arature profonde. Le stesse spesso riportano alla luce frammenti di ceramiche di pregio con tracce di decorazioni, insieme ad anse e altre porzioni di recipienti di ceramica d'uso.
(Flavio Nicola Delvecchio)
Il sito archeologico di Torre Castiello, ubicato sul poggio omonimo a Nord-Est della cittadina barese di Rutigliano, conserva le rovine della città peuceta di Azetium, che precorse la nascita dell'attuale borgo medievale. L'insediamento, che ha restituito tracce di frequentazione umana che risalgono all'età neolitica, fu occupato sporadicamente a partire del Bronzo Finale (XI - VIII secolo a.C.) e durante la successiva Età del Ferro. La bassa collina, che racchiude un'area oggi intensamente coltivata a vigneti a tendone, è lambita sul suo margine meridionale e sud-occidentale da un solco erosivo di origine carsica, anticamente percorso dalle acque, e noto come Lama di Mosca - Giotta. Oltre ad aver fornito le risorse idriche necessarie al fabbisogno delle genti che vi si stanziarono sui pianori prospicienti, l'ampia e scoscesa vallata del torrente carsico costituì per l'insediamento una difesa naturale.
Il promontorio fu occupato stabilmente probabilmente soltanto a partire dal IV secolo a.C., allorché venne eretto un poderoso circuito murario in buona parte tutt'ora conservato in situ. Infatti, attorno alla seconda metà del IV secolo a.C., le ostilità che contrapposero la città magno-greca di Taranto alle popolazioni dei villaggi messapi e peuceti della Puglia centro-meridionale contribuirono a fare in modo che la maggior parte dei centri indigeni si dotasse di ben più sicure opere di fortificazione e di difesa.
Il pianoro di Castiello risulta infatti tutt'oggi circondato da un'imponente muraglia della lunghezza complessiva di 3450 metri, costituita da un doppio paramento con émplekton centrale di riempimento. La fortificazione è composta da enormi blocchi isodomici di base (in opera poligonale) assemblati a secco, sovrastati da conci di misura via via inferiore. A seconda dello stato di conservazione, la sua altezza varia fra i 4 ed i 6 metri, mentre la profondità, in alcuni punti, raggiunge picchi di 5 metri. Lungo il perimetro, la cintura muraria presenta alcuni avancorpi a pianta quadrata e doveva essere intervallata da torri di vedetta: se ne conservano alcune sul versante esposto a Nord, fra cui l'erta "Torre Belvedere". Sul margine settentrionale, le mura raggiungono infatti dimensioni considerevoli e sono affiancate da una cortina esterna che corre parallela ad essa nella direzione in cui l'abitato si protende verso l'Adriatico e pertanto doveva risultare maggiormente aggredibile. Sul versante meridionale, invece, la muraglia si mostra meno robusta, essendo direttamente affacciata sulla forra della lama di Mosca da cui è naturalmente difesa.
L'ingresso alla città da Sud era assicurato da un viadotto conosciuto localmente come "Ponte Romano", il quale consentiva di scavalcare agevolmente il profondo solco torrentizio. Lo sconvolgimento dell'assetto idrogeologico del territorio, in gran parte dovuto alle trasformazioni agrarie dell'ultimo secolo (impianto di viti da tavola a tendone), ne determinò l'inesorabile crollo durante una poderosa piena alluvionale, occorsa nel gennaio del 1984.
L'insediamento dovette assumere fisionomia propriamente urbana durante l'età classica, periodo al quale si attribuiscono diverse sepolture a fossa, a semicamera e a cassa litica, la maggior parte delle quali già depredate al momento del rinvenimento.
La continuità di vita del centro indigeno è ben documentata in epoca ellenistica, quando probabilmente in cima al pianoro era collocata l'acropoli che ospitava un edificio di carattere pubblico, ipotizzato sulla scorta dei numerosi rocchi di colonne con scanalature rinvenute in passato in posizione di crollo (oggi irreperibili). In epoca repubblicana il centro continuò a svilupparsi, avvantaggiandosi della sua collocazione lungo un percorso viario noto come "mulattiera di Strabone", identificato con la via Minucia, variante interna della via Traiana subcostiera. Tale arteria collegava Bitonto ad Egnazia passando per i centri intermedi di "Caelie" (Ceglie del Campo), "Azetium" (Rutigliano) e "Norba" (Conversano). Inoltre era adeguatamente dotata di percorsi secondari che la collegavano alla costa adriatica, tutt'ora ravvisabili nelle diverse strade vicinali che dalla contrada di Castiello conducono sino al litorale (località "Cala Paduano", probabile sbocco portuale, oggi fra Torre a Mare e Mola di Bari).
Il toponimo della città archeologica, di probabile origine paleo-italica (da Ausetium), si desume da diverse fonti di età imperiale (Plinio il Vecchio, l'Anonimo Ravennate, Guidone) e dalla fondamentale Tabula Peutingeriana o Todosiana (III-IV secolo d.C.), che riporta "Ehetium" (donde "Azetium") come dislocata sulla direttrice interna di origine indigena prima menzionata, a metà strada fra "Celia" (Ceglie) e "Norve" (Conversano).
La sopravvivenza della città è documentata sino alla tarda età imperiale (V-VI secolo d.C.) attraverso rinvenimenti ceramici di superficie.
Il sito di inestimabile valore storico-archeologico (oltre che ambientale e paesaggistico, per via dell'adiacente habitat naturale della lama) versa in colpevole stato di abbandono, in preda alle deturpazioni operate periodicamente dai coltivatori diretti che, in barba alle norme di tutela del sito archeologico istituite dagli anni '80 del secolo scorso, seguitano a incrementare le piantagioni di vigneti a tendone, eseguendo finanche i proibiti e dannosi derocciamenti ("scassi") con frangipietre e arature profonde. Le stesse spesso riportano alla luce frammenti di ceramiche di pregio con tracce di decorazioni, insieme ad anse e altre porzioni di recipienti di ceramica d'uso.
(Flavio Nicola Delvecchio)
Articolo Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Azetium
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Coordinate: 41°1'47"N 17°1'6"E
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