Battaglia di Coronea 394 aC.
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, 4 Chilometri dal centro (Άγιος Γεώργιος)
battlefield (en), strato storico
La battaglia di Coronea, che si svolse nel 394 a.C., fu una battaglia della guerra di Corinto, in cui gli Spartani ed i loro alleati comandati dal re Agesilao II sconfissero un esercito di Tebani e Argivi che tentava di bloccare la loro marcia verso il Peloponneso.
La guerra di Corinto iniziò nel 395 a.C. quando Tebe, Argo, Corinto e Atene, con aiuti e finanziamenti persiani, si unirono in opposizione all'intervento spartano nella Locride e Focide. All'inizio della guerra Agesilao si trovava in Ionia e stava conducendo una campagna contro i Persiani. Quando iniziarono le ostilità fu richiamato insieme ad il suo esercito e iniziò una marcia via terra attraverso la Tracia e la Grecia centrale per tornare al Peloponneso. Entrato nella Beozia, però, trovò l’opposizione di un esercito composto principalmente da Tebani, Beoti alleati e Argivi.
Le forze di Agesilao erano composte da un reggimento e mezzo di Spartiati, potenziato da un contingente di iloti liberi, e da un numero considerevole di truppe alleate del Peloponneso e della Ionia. Di fronte a lui nella pianura ai piedi del monte Elicona c’era un esercito formato da Beoti, Ateniesi, Argivi, Corinzi, Euboici e Locresi. In tutto gli alleati contavano probabilmente su 20.000 opliti; Agesilao invece aveva a disposizione 15.000 opliti. Le forze di cavalleria delle due schiere erano quasi uguali ma Agesilao disponeva decisamente di più peltasti.
Prima della battaglia alcuni uomini dell'esercito di Agesilao furono turbati dal ricordo di un presagio a cui avevano assistito alcuni giorni prima, quando il sole era apparso a forma di mezzaluna. Per rassicurare i suoi uomini, Agesilao per prima cosa fece ricordare la recente vittoria spartana a Nemea. Poi disse loro che il navarco spartano Pisandro era stato ucciso in una battaglia vittoriosa contro la flotta persiana; in realtà, come Agesilao sapeva, Pisandro era stato ucciso dopo aver subito una pesante sconfitta a Cnido. Queste rassicurazioni, tuttavia, riportarono alto il morale del suo esercito permettendogli di cominciare la battaglia.
La sconfitta di Nemea aveva pesato sugli Argivi e sui Corinzi. Negli Ateniesi inoltre era ancora troppo vivo il ricordo degli alti e bassi della loro precedente lunga e disastrosa guerra contro Sparta, ed il fatto che i Persiani volessero cambiare le alleanze non li incoraggiava molto. Solo i Beoti sembravano sicuri della vittoria finale.
Mentre i due eserciti si avvicinavano tra loro, Agesilao stesso guidò gli Spartani sull’estremo fianco destro del suo schieramento; i veterani dei Diecimila erano accanto agli Spartani, i Greci asiatici erano accanto a loro; poi venivano i Focesi, e i soldati di Orcomeno occupavano l’estrema sinistra. Il Tebani si trovarono ad affrontare gli Orcomeni e gli Argivi avrebbero combattuto contro gli Spartani. Entrambi gli eserciti avanzarono in totale silenzio.
A circa 200 metri i Tebani lanciarono il loro grido di guerra e cominciarono a correre. A circa 100 metri i veterani dei Diecimila (comandati dallo Spartiata Erippida) ed i Greci asiatici caricarono alla corsa le truppe di fronte a loro. I veterani e gli asiatici presto accerchiarono le truppe di fronte a loro. Gli Argivi si diedero al panico ancora prima che gli Spartani potessero iniziare a combattere e fuggirono sul monte Elicona.
I mercenari vicino ad Agesilao proclamarono che la battaglia era finita e gli porsero una ghirlanda per commemorare la sua vittoria. Proprio in quel momento arrivò la notizia che, dall'altro versante, i Tebani avevano sfondato la linea degli Orcomeni ed erano già arrivati alle salmerie, saccheggiando il bottino catturato in Asia. Agesilao immediatamente fece ruotare la sua falange e si diresse verso i Tebani. In quel momento i Beoti si accorsero della fuga dei loro alleati sul monte Elicona, provando quindi disperatamente di sfondare le linee di Agesilao per ricongiungersi al resto del loro esercito.
Agesilao decise di opporsi a loro posizionando la sua falange proprio nel loro tragitto, invece di colpirli nella parte posteriore o sul fianco, una decisione che potrebbe essere stata influenzata dalla sua ostilità di vecchia data verso Tebe. Ciò che seguì fu evidentemente uno dei peggiori bagni di sangue della storia delle battaglie oplitiche. Come disse Senofonte: “Così lottarono, scudo su scudo, uccisero e furono uccisi a loro volta.” Alla fine pochi Tebani arrivarono al monte Elicona, ma, come sappiamo dalle parole di Senofonte, "molti altri furono uccisi lì".
Agesilao stesso venne ferito nella battaglia e fu portato indietro dalla falange. Lo raggiunse una parte della cavalleria, che lo informava che circa l’80 % del nemico si era rifugiato in un tempio vicino. Agesilao ordinò che fossero risparmiati e permise loro di andare dove volevano. La mattina dopo, Agesilao ordinò al polemarco Gilis di schierare l'esercito in formazione di battaglia e assegnò premi per il valore; ricevette poi una delegazione di Tebani e permise loro di raccogliere i loro morti. L'esercito si ritirò nella Focide e invase la Locride, dove però fu ucciso il polemarco Gilis.
Secondo Diodoro Siculo, morirono più di 600 tra i Beoti e i loro alleati, mentre gli Spartani persero 350 uomini.
La guerra di Corinto iniziò nel 395 a.C. quando Tebe, Argo, Corinto e Atene, con aiuti e finanziamenti persiani, si unirono in opposizione all'intervento spartano nella Locride e Focide. All'inizio della guerra Agesilao si trovava in Ionia e stava conducendo una campagna contro i Persiani. Quando iniziarono le ostilità fu richiamato insieme ad il suo esercito e iniziò una marcia via terra attraverso la Tracia e la Grecia centrale per tornare al Peloponneso. Entrato nella Beozia, però, trovò l’opposizione di un esercito composto principalmente da Tebani, Beoti alleati e Argivi.
Le forze di Agesilao erano composte da un reggimento e mezzo di Spartiati, potenziato da un contingente di iloti liberi, e da un numero considerevole di truppe alleate del Peloponneso e della Ionia. Di fronte a lui nella pianura ai piedi del monte Elicona c’era un esercito formato da Beoti, Ateniesi, Argivi, Corinzi, Euboici e Locresi. In tutto gli alleati contavano probabilmente su 20.000 opliti; Agesilao invece aveva a disposizione 15.000 opliti. Le forze di cavalleria delle due schiere erano quasi uguali ma Agesilao disponeva decisamente di più peltasti.
Prima della battaglia alcuni uomini dell'esercito di Agesilao furono turbati dal ricordo di un presagio a cui avevano assistito alcuni giorni prima, quando il sole era apparso a forma di mezzaluna. Per rassicurare i suoi uomini, Agesilao per prima cosa fece ricordare la recente vittoria spartana a Nemea. Poi disse loro che il navarco spartano Pisandro era stato ucciso in una battaglia vittoriosa contro la flotta persiana; in realtà, come Agesilao sapeva, Pisandro era stato ucciso dopo aver subito una pesante sconfitta a Cnido. Queste rassicurazioni, tuttavia, riportarono alto il morale del suo esercito permettendogli di cominciare la battaglia.
La sconfitta di Nemea aveva pesato sugli Argivi e sui Corinzi. Negli Ateniesi inoltre era ancora troppo vivo il ricordo degli alti e bassi della loro precedente lunga e disastrosa guerra contro Sparta, ed il fatto che i Persiani volessero cambiare le alleanze non li incoraggiava molto. Solo i Beoti sembravano sicuri della vittoria finale.
Mentre i due eserciti si avvicinavano tra loro, Agesilao stesso guidò gli Spartani sull’estremo fianco destro del suo schieramento; i veterani dei Diecimila erano accanto agli Spartani, i Greci asiatici erano accanto a loro; poi venivano i Focesi, e i soldati di Orcomeno occupavano l’estrema sinistra. Il Tebani si trovarono ad affrontare gli Orcomeni e gli Argivi avrebbero combattuto contro gli Spartani. Entrambi gli eserciti avanzarono in totale silenzio.
A circa 200 metri i Tebani lanciarono il loro grido di guerra e cominciarono a correre. A circa 100 metri i veterani dei Diecimila (comandati dallo Spartiata Erippida) ed i Greci asiatici caricarono alla corsa le truppe di fronte a loro. I veterani e gli asiatici presto accerchiarono le truppe di fronte a loro. Gli Argivi si diedero al panico ancora prima che gli Spartani potessero iniziare a combattere e fuggirono sul monte Elicona.
I mercenari vicino ad Agesilao proclamarono che la battaglia era finita e gli porsero una ghirlanda per commemorare la sua vittoria. Proprio in quel momento arrivò la notizia che, dall'altro versante, i Tebani avevano sfondato la linea degli Orcomeni ed erano già arrivati alle salmerie, saccheggiando il bottino catturato in Asia. Agesilao immediatamente fece ruotare la sua falange e si diresse verso i Tebani. In quel momento i Beoti si accorsero della fuga dei loro alleati sul monte Elicona, provando quindi disperatamente di sfondare le linee di Agesilao per ricongiungersi al resto del loro esercito.
Agesilao decise di opporsi a loro posizionando la sua falange proprio nel loro tragitto, invece di colpirli nella parte posteriore o sul fianco, una decisione che potrebbe essere stata influenzata dalla sua ostilità di vecchia data verso Tebe. Ciò che seguì fu evidentemente uno dei peggiori bagni di sangue della storia delle battaglie oplitiche. Come disse Senofonte: “Così lottarono, scudo su scudo, uccisero e furono uccisi a loro volta.” Alla fine pochi Tebani arrivarono al monte Elicona, ma, come sappiamo dalle parole di Senofonte, "molti altri furono uccisi lì".
Agesilao stesso venne ferito nella battaglia e fu portato indietro dalla falange. Lo raggiunse una parte della cavalleria, che lo informava che circa l’80 % del nemico si era rifugiato in un tempio vicino. Agesilao ordinò che fossero risparmiati e permise loro di andare dove volevano. La mattina dopo, Agesilao ordinò al polemarco Gilis di schierare l'esercito in formazione di battaglia e assegnò premi per il valore; ricevette poi una delegazione di Tebani e permise loro di raccogliere i loro morti. L'esercito si ritirò nella Focide e invase la Locride, dove però fu ucciso il polemarco Gilis.
Secondo Diodoro Siculo, morirono più di 600 tra i Beoti e i loro alleati, mentre gli Spartani persero 350 uomini.
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Coordinate: 38°23'10"N 22°58'2"E
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