Pieve di S. Stefano a Castiglioni

Italy / Toscana / Rufina /

Il nome del luogo deriva da un castello, probabilmente difensivo, che controllava la vallata sottostante, del quale rimangono tracce nella struttura fortificata di quello che si chiama Castello di Castiglioni. Il termine deriva quindi da castrum, castello.

La storia:
Castiglioni della Rufina fu un antico castello, compreso nella Contea di Turicchi, poco distante dal quale era la pieve di Santo Stefano.
La chiesa fu costruita, secondo la tradizione, per volontà di Matilde di Canossa, alla quale si deve l’erezione di molte pievi romaniche del contado. Il documento più antico che la ricorda è il privilegio del 15 marzo 1104, con il quale papa Pasquale II conferma al vescovo di Fiesole, Giovanni, fra le altre cose, la pieve di S. Stefano con la corte di Castiglioni, quella di Turicchi, una parte di Montebonello e del castello di Rufina. Non sappiamo quando e come i Vescovi di Fiesole acquisissero quella signoria e da chi fosse stata loro concessa, perché mancano documenti specifici in proposito. Nel secolo XII essi esercitavano già su questo territorio un potere temporale, infatti, nel 1134 (doc. 1134 novembre 16) il pontefice Innocenzo II amplia ai vescovi fiesolani il diritto di controllo, che già possedeva sulla località, a tutto il castello della Rufina e di Montebonello (REPETTI E., libro I, p.606; UGHELLI F., 237 e 241)
E’ possibile che quella corte fosse affiancata ad un castello fortificato, del quale la località conserva oggi solo il toponimo, non essendo mai menzionato come castello nei documenti più antichi.
La pieve compare citata nel catalogo delle decime del 1209, imposte per un triennio dalla chiesa romana e tassata in lire sei (LAMI I, M.E.F., II, p. 1501). Possedeva il Capitolo dei Canonici di cui si ha notizia a partire dal 1324.
Un’esposizione completa delle controversie fra il vescovado e la Repubblica di Firenze, a proposito della Contea di Turicchi, si ha nel manoscritto, compilato dal giureconsulto Benedetto Moneta, che è conservato nell’Archivio Vescovile di Fiesole intitolato "Memorie e Osservazioni sopra la contea di Turicchi", scritto a difesa dei diritti del vescovado. Nei due volumi troviamo che il Vescovo di Fiesole riceveva nella sua casa in Castiglioni, il 5 ottobre 1224, il 17 luglio 1251 e poi il 12 gennaio 1252, il giuramento degli uomini di quel castello.
Il 21 dicembre 1254 riceveva ancora alcuni uomini e coloni di Turicchi che gli giuravano fedeltà, gli promettevano di svolgere i soliti servigi e di pagare le tasse, dopo di che il Vescovo dava loro l’investitura di un fondo, posto nella località di Turicchi. (DORINI U. ).
L’Ammirato nella sua Storia dei Vescovi di Fiesole cita alcune carte del XIII secolo, forse coincidenti con quelle sopra riportate, dalle quali risulta che gli uomini di Castiglioni, insieme a quelli di Agna, Rufina e Turicchi facevano periodicamente atto di sudditanza al Vescovo di Fiesole. Queste località, infatti, facevano parte della Contea episcopale di Turicchi che, pur riconoscendo per atto di accomandigia del 1398, (REPETTI E., v, 603) l’alta sovranità del Comune di Firenze, mantennero per tutto il secolo XVIII alcune prerogative di indipendenza giurisdizionale e di esenzione fiscale.
Dal testo manoscritto del Moneta provengono altri documenti del 1232 e 1233 che riguardano il giuramento di sudditanza che rispettivamente gli uomini di Castiglione e di Montebonello prestarono al vescovo di Fiesole Ildebrando che, nel 1243, eleggeva come suo visconte o castaldo del castello di Montebonello, uno della famiglia Ruoti che era originaria del luogo.
Al 1282 e ancora al 1290 risalgono altri due atti di obbedienza dei castiglionesi, degli abitanti di Montebonello e di altre popolazioni della Val di Sieve, fra le quali quelle di San Giusto ad Agna, della Rufina e di Turicchi. Questi documenti erano tenuti in una casa che il Vescovo possedeva a Castiglioni. Ciò conferma l’ipotesi che questo fosse il capoluogo di quella minuscola signoria vescovile. Intorno alla metà del secolo XIII il popolo di Castiglioni è uno dei più importanti della zona dal punto di vista economico (e conseguentemente demografico) poiché, più degli altri limitrofi, contribuì con 20 staia di grano (populi Sancti Stephani) al sostentamento dell’esercito fiorentino a difesa di Montalcino assediata dai senesi. Castiglioni inoltre inviò ben 21 uomini nella battaglia sostenuta contro i senesi (C. PAOLI, a cura di, Il Libro di Montaperti - anno 1260, Documenti di storia italiana, Firenze 1889). Soffermandosi sulla storia più recente di Castiglioni, dobbiamo evidenziare che essa è legata alla presenza di questa residenza vescovile e alla volontà dei Vescovi di riaffermare periodicamente il loro potere su questo territorio.
Il 5 maggio 1490 Monsignor Folchi si recava di persona a Castiglioni, accedeva al castello e prendeva la tenuta e il materiale possesso del palazzo e del castello stesso; vi dimorava e protestava che egli, non solo possedeva materialmente quelle proprietà, ma che aveva l’intenzione di conservarle per sempre. In quell’occasione procedeva a delle migliorie dell’edificio e metteva un bando sulla porta della chiesa di San Pietro a Turicchi, nel quale invitava i fedeli a dare conoscenza delle terre, dei livelli e delle cose feudali in loro possesso, e di presentarsi entro 30 giorni dal Vescovo nel castello di Castiglioni, sua residenza e sede del suo tribunale, pena la scomunica. Questa procedura doveva inoltre essere rinnovata ogni 29 anni.
La pieve di S. Stefano a Castiglioni fu confermata da papa Pasquale II il 15 marzo 1102 al vescovo di Fiesole Giovanni; il suo territorio era compreso in quello della Contea di Turicchi.
Nel 1324 vi risiedeva un Capitolo dei canonici.
Nel 1633 fu unita alla chiesa di S. Pietro a Petrognano.

L’architettura:
La chiesa è posta su una tipica strada di crinale di antico tracciato, costruita dal Vescovo di Fiesole per raggiungere le proprietà che possedeva a Castiglioni e Petrognano e che attualmente collega la statale 67 con Pomino, giungendo fino alla Consuma. L’edificio si presenta come un tipico esempio di architettura romanica del contado fiorentino, nel quale si fondono elementi di tradizione paleocristiana e lombarda, accomunati da caratteri di estrema razionalità e semplicità.
Il campanile, sul lato destro dell’edificio, sostituisce l’originario campanile a vela ed è stato ricostruito su una vecchia base nel 1927, come è attestato dall’iscrizione leggibile nella parte retrostante della torre campanaria. Originali sono le campane risalenti al secolo XIII.
Sopra la porta di accesso, alla base della torre campanaria, c’è una lunetta che reca, graffita, la data 1217, a caratteri misti romani ed arabi, che potrebbe fare riferimento ad un’importante ristrutturazione o all’erezione dell’edificio stesso.

L’interno:
All’interno, la chiesa è suddivisa in tre navate con copertura a capriate lignee la maggiore, con travi ricalanti le laterali. Lo spazio è ripartito in quattro campate definite da pilastri a sezione rettangolare, che sostengono archi a tutto sesto. I sostegni sono privi di base e presentano una cornice modanata aggettante, al punto di imposta degli archi che, peraltro, in alcuni casi non appaiono ben centrati sui pilastri. In prossimità della tribuna si aprono due porte, di restauro, che conducono rispettivamente alla canonica e alla sacrestia.
Allo spazio dell’ultima campata corrisponde la tribuna che è rialzata di tre gradini.
Sul primo pilastro a sinistra si legge un’iscrizione che reca la data 1338.
La chiesa è stata restaurata in due riprese: alla fine degli anni ’20 (1926) e alla fine degli anni ’30 (Archivio parrocchiale), aggiungendo non poche integrazioni in "stile" ed eliminando le modifiche apportate nel secolo XVII. In quell’occasione si realizzarono probabilmente anche degli interventi di ricostruzione vera e propria, come il portale della facciata, l’occhio soprastante, le due porte aperte all’interno e la parte superiore del campanile. La chiesa non presenta motivi decorativi di qualche rilievo e quindi s’impone per l’estrema semplicità delle sue parti.
La presenza di tre absidi nella tribuna, molto rara nell’intero territorio fiorentino, si ritrova nel Mugello e Val di Sieve solo nella pieve di San Leolino in Montanis (Londa), che è però dotata di una sola navata.
Questa pieve, come pochi altri edifici coevi, presenta i pilastri quadrangolari realizzati con grandi bozze di pietra arenaria irregolari accuratamente scalpellate, indipendentemente dal tipo di pietra impiegato nelle parti restanti delle costruzioni.
Il motivo costruttivo decorativo degli archivolti delle monofore in laterizio, che conferiscono un tocco di colore alle pareti, è presente anche in altre chiese del contado (San Giovanni Battista a Remole, Sant’Alessandro a Giogoli, San Bartolomeo a Pomino, San Donnino a Villamagna, San Giuliano a Settimo, San Miniato di Robbiana e forse anche nella badia ad Agnano).
La chiesa attualmente conserva scarse testimonianze artistiche.
Le uniche opere degne di menzione sono la tavola raffigurante la Madonna col Bambino, collocata sull’altare dell’abside destra e l’affresco, stilisticamente assai modesto, posto in controfacciata a destra, raffigurante la Madonna in trono fra San Sebastiano e San Tommaso.
Fra gli oggetti liturgici conservati in canonica c’è un turibolo in argento, datato 1838, di fattura semplice e consueta per il secolo cui appartiene, e donato dal popolo della Rufina all’Oratorio di Rugiano, come si legge sull’iscrizione che si trova sulla base dell’oggetto.

Fonte:
www.tuscany.name/CORNUCOPIA/plebati/plcastig.htm
Nearby cities:
Coordinate:   43°50'8"N   11°30'59"E
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