Ponte Vecchio (Comune di Firenze)

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 medievale, Luogo interessante, ponte

E’ questo il più antico ponte della città, eretto nel punto dove le sponde dell’Arno sono più vicine, dove era in antico un guado e in prossimità del luogo dove insisteva il ponte della città romana. In legno fino all’anno 1080, rovinò nella piena del 4 novembre 1177; ricostruito a cinque arcate fu nuovamente danneggiato da incendi nel 1222 e 1322 e quindi distrutto dalla violentissima alluvione del 3 novembre 1333. La successiva ricostruzione prese avvio nel 1345 - su un progetto che variamente si tende a ricondurre o a Taddeo Gaddi (secondo la testimonianza di Giorgio Vasari), o a Neri di Fioravante (in virtù del fatto che questi in quegli anni era Capomastro della Signoria), o a fra’ Domenico da Campi (che da poco aveva ricostruito il ponte alla Carraia) - e si concluse attorno alla metà del secolo. Quest’ultimo ponte, a tre arcate, anche se più volte danneggiato, non conobbe più la rovina e fu risparmiato anche dalle distruzioni operate dall’esercito tedesco nell’agosto del 1944, seppure a discapito di ampie zone limitrofe della città, minate per creare uno sbarramento di macerie alle due testate. Il fatto che l’opera venisse risparmiata era dovuto all’identificazione simbolica del ponte con l’antica città di Firenze, nutrita dall’immagine pittoresca dei piccoli e variati edifici che lo segnano su ambo i lati (in realtà nei secoli precedenti avvertiti essenzialmente come ‘sopredificazioni’ abusive più volte oggetto di progetti di demolizione), sormontati dal lato a monte dal corridoio vasariano, a costituire sull’acqua una vera e propria via. Queste costruzioni, già presenti in forma diversa nel Trecento, furono destinate nel 1442 dall’amministrazione cittadina ad uso delle botteghe dei verdurai e dei beccai (macellai), per la possibilità di disperdere nel fiume gli scarti della lavorazione delle carni. Nel 1495 48 botteghe furono vendute dal Comune ai privati che, forti dei loro diritti, le ampliarono per lo più con aggetti dalla parte del fiume, determinando una decisa alterazione del disegno originario nel quale queste in realtà si allineavano a formare all’esterno una muraglia compatta, coronata da merlature e segnata da quattro torri angolari. Con la costruzione del corridoio ad opera di Giorgio Vasari nel 1565, e il conseguente passaggio del corridore sul lato est del ponte al di sopra delle botteghe, si determinò un ulteriore elemento di rottura del disegno unitario dei fronti. Poco dopo, con l’intento di restituire decoro alla zona, si giunse a un drastico cambio di destinazione degli immobili, che vennero occupati dai laboratori degli orafi, riuniti qui e nelle zone limitrofe per decreto di Fernando I de’ Medici del 27 settembre 1594. Al Settecento risalgono le caratteristiche mostre sporgenti sulla carreggiata, dette madielle, mentre dell’Ottocento sono alcuni interventi di riconfigurazione delle vetrine (si veda ai singoli numeri civici), così come un progetto complessivo dovuto all’architetto Giuseppe Martelli per trasformare la via interna in galleria coperta e regolarizzare il fronte con gli sporti (1856-1857). Dopo la seconda guerra furono condotti dal Ministero dei Lavori Pubblici importanti opere di consolidamento all’insieme della struttura, precedute da studi e verifiche già commissionate nel 1949 e seguite dall’apertura del cantiere nel 1960. Durante l’alluvione del 4 novembre 1966 il ponte fu nuovamente danneggiato e subito dopo interessato da ulteriori opere di restauro e di consolidamento. Pur conoscendo significative trasformazioni in relazione ai singoli edifici, il ponte ha mantenuto sostanzialmente la sua immagine medioevale, con tre ampi archi ad arco ribassato pensati (rivoluzionando il sistema di tradizione romana con archi a sesti acuto) per evitare la facile ostruzione di valichi stretti in caso di piena e il conseguente danneggiamento della struttura. Al centro del ponte le botteghe si interrompono per aprirsi a due vedute del fiume, a monte grazie al loggiato su cui poggia il corridoio vasariano, a valle tramite uno slargo che ospita il monumento in bronzo allo scultore e orafo Benevenuto Cellini, qui collocato il 3 novembre 1900, opera di Raffaello Romanelli e, per il basamento con valve di conchiglia, di Egisto Orlandini. Ai quattro angoli del ponte esistevano quattro torri che ne controllavano l’accesso, delle quali - a seguito delle distruzioni dell’ultima guerra - resta solo quella dei Mannelli (si veda). Sulla testata sinistra è una memoria con una citazione dantesca che ricorda l’uccisione di Buondelmonte dei Buondelmonti, avvenuta nel 1216 per mano di una consorteria avversaria.

Fonte:
Repertorio delle Architetture Civili di Firenze
a cura di Claudio Paolini
sito web:
www.palazzospinelli.org/architetture/


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